26 Schola Cantorum
Agli inizi del 1920, al Vecchio Corpo Musicale di Darfo, che in antagonismo alla Musica liberale accompagna con le sue note le manifestazioni cattoliche della città, si annette un gruppo di cantori. Alcuni di essi provengono dallo stesso corpo musicale, altri sono amici o parenti (esempio significativo è la famiglia Abondio che conta già quattro presenze nella "Musica" ed ora dona tre cantori al coro) o comunque amanti della buona musica. Ad un organico fisso formato da una dozzina di voci divise tra tenori e bassi, quando le partiture lo richiedono, si aggiungono anche voci femminili, soprattutto contralti, mentre i pezzi solistici di una certa difficoltà vengono affidati in genere ad artisti in auge nella provincia, fra i quali il Della Valle di Brescia. Sotto l'insegnamento e la valida direzione di Don Pietro Laini di Breno, accompagnati all'organo da Monti Carlo di Erbanno (che in assenza di Don Pietro assume anche la direzione) e da un organico di strumentisti normalmente composto da due violini (solitamente il prof. Benzi di Lovere e altro secondo violino), un violoncello (Guizzetti di Esine), tre clarinetti (Minini Giovanni, Minini Giuseppe e Tedeschi Maffeo), un flauto (Abondio Felice) e una cornetta (Santandrea Giuseppe), prestavano servizio nelle celebrazioni dei Sacri Tridui, o in generale di ogni altra solennità, sia a Darfo che in tutti i paesi limitrofi (e con che richiesta!!). Il repertorio consisteva in messe da vivo e da morto o parti di queste, trascritte e adattate all'organico dallo stesso Don Laini. Chi li poté ascoltare ci riferisce che avevano raggiunto un alto livello artistico, e non uno solo afferma che, sentendoli in chiesa, si rimanesse estasiati. Una riprova sicura di questo la troviamo fra i documenti che abbiamo potuto consultare tra quelli conservati dalla famiglia Biondi. Don Annibale Valoti, arciprete della Fabbriceria Parrocchiale di Schilpario, in una sua lettera, datata 21/04/1925, scrive al Presidente Avv. Fortunato Bontempi: "Sono spiacente doverle comunicare che siccome fu molto tardiva la loro risposta circa l'assunzione dell'impegno del canto in occasione delle feste del Triduo di qui, ed anzi credendo in modo assoluto che loro non potessero assumersi quest'anno l'impegno; si è stati costretti di malavoglia a rivolgerci altrove. Questo con dispiacere, perché la loro ottima esecuzione dell'anno scorso piacque assai, e ci rivolgemmo quest'anno per prima ancora a loro, ma non avendo avuto risposta almeno sino ad oggi comprenderanno che non si poteva aspettare sino alla vigilia per non trovarci poi in imbarazzo. Vuol dire che l'anno venturo non mancheremo di rivolgerci ancora da loro, ma per avere poi una risposta più sollecita."
Oltre al triduo di Schilpario del 1924, sappiamo di tridui a Darfo nel 1920/21/23/24; a Gianico nel 1923/24; a Angolo e Fraine nel 1923.
Sia i cantori che gli strumentisti ricevevano mensilmente un onorario proporzionale alle presenze nel coro, nella banda o per particolari prestazioni solistiche. Nelle trasferte venivano inoltre spesati di vitto e alloggio perché normalmente permanevano nel paese per tutta la durata del triduo, condividendo la festa con la popolazione. Ed erano eccezionali anche in questo; in una di queste occasioni infatti, successe che i nostri andassero a cantare dopo aver apprezzato del buon nostrano: fu una gran fatica riuscire ad incanalare tutto il gruppo su per la stretta scala che portava in cantoria, ma più grave ancora fu che mentre di lassù tutti davano il meglio di se stessi, uno di loro offrì pure parte della propria digestione... ai devoti fedeli dei banchi di sotto. Questo episodio, forse non unico, non deve comunque alterare né la figura artistica, né tanto meno la personalità di questi nostri predecessori.
Al termine delle celebrazioni religiose solitamente il "Vecchio Corpo Musicale" diretto dal maestro Zacchi eseguiva un concerto in piazza.
Sia i cantori che gli strumentisti ricevevano mensilmente un onorario proporzionale alle presenze nel coro, nella banda o per particolari prestazioni solistiche. Nelle trasferte venivano inoltre spesati di vitto e alloggio perché normalmente permanevano nel paese per tutta la durata del triduo, condividendo la festa con la popolazione. Ed erano eccezionali anche in questo; in una di queste occasioni infatti, successe che i nostri andassero a cantare dopo aver apprezzato del buon nostrano: fu una gran fatica riuscire ad incanalare tutto il gruppo su per la stretta scala che portava in cantoria, ma più grave ancora fu che mentre di lassù tutti davano il meglio di se stessi, uno di loro offrì pure parte della propria digestione... ai devoti fedeli dei banchi di sotto. Questo episodio, forse non unico, non deve comunque alterare né la figura artistica, né tanto meno la personalità di questi nostri predecessori.
Al termine delle celebrazioni religiose solitamente il "Vecchio Corpo Musicale" diretto dal maestro Zacchi eseguiva un concerto in piazza.