66 Le famiglie storiche
Poiché particolarmente numerosi, spiegare a parole legami e ruoli è un compito assai complesso. Dunque: capostipite fu Francesco (Cader) che ebbe quattro figli: Giuseppe (Cader); Andrea (Caderì); Bortolo e Caterina.
Bortolo ebbe tre figli di cui solo uno fu nella Banda di Darfo: Pierino, flicorno basso.
Andrea ebbe otto figli, tutti assai portati per l’arte, non solo musicale: Angelo, imbianchino ed intagliatore di legno, fu clarinettista e saxofonista; Battista (1881-1955) calzolaio di professione, suonò il bombardino, il trombone ed il genis e fu talmente stimato che, allorquando si ruppe i denti in un incidente sul lavoro, la Banda deliberò di pagare di tasca propria il dentista per evitare appunto di perderlo. Bisognava però andare a Brescia, e poiché la città era sotto i bombardamenti, non se ne fece più nulla. Suo fratello Felice (1888 - 1931) fu sarto e flautista. Francesco suonò il clarinetto nella Banda di Darfo, prima di essere costretto ad emigrare. Stessa sorte toccò al fratello Antonio, falegname, primo clarinetto e vice-maestro che andò a lavorare dapprima in Francia e poi a Gallarate (MI) dove continuò a suonare nella banda locale (e dove suonerà anche il figlio Nino, prezioso testimone di molte vicende della famiglia Abondio, fonte delle tante notizie raccolte dai redattori del libro del 1988). Maria, a cui non era permesso fare parte della banda (in quanto donna) fu mezzo soprano nel coro Parrochiale.
Fra i figli di Andrea il più conosciuto fu però certamente Giovanni (Caderì), il quale, se è vero che suonò (il tamburello) solo sporadicamente nel nostro complesso, diede comunque una impronta indelebile alla musica camuna del tempo. Studiò alla Accademia Tadini di Lovere (BG), fu primo tenore della “Schola Cantorum” ed addirittura corista al Teatro La Scala di Milano. Pianista e chitarrista, trascrisse numerosi brani operistici proprio per la Banda di Darfo. Fu sicuramente un personaggio assai singolare: dotato anche nella pittura. Pur avendo egli ricevuto numerose offerte di lavoro sia in Italia che all’estero, preferì non accettare mai nessun impegno continuativo, vivendo alla giornata vendendo i suoi quadri e dando lezioni di canto.
Il terzo ceppo degli Abondio è quello che comprende i figli di Giuseppe (Cader): Giacomina (1901-1975) apprezzata voce di contralto, Francesco (1894-1979) tenore della “Schola Cantorum (non imparò mai a suonare uno strumento in quanto, essendo orfano di madre e primogenito, dovette aiutare sin dall’infanzia il padre a portare avanti la famiglia); Celeste (1910-1980) suonatore di grancassa, basso nella già citata “Schola Cantorum” e Giovanni, colui che fra i fratelli “Cader” si dedicò maggiormente alla musica. Cominciò la sua “carriera” suonando prima il trombone quindi il flicorno tenore ed il bombardino, ma trovò la sua definitiva collocazione nelle file dei bassi. La sua dedizione al nostro complesso fu veramente straordinaria: nella Banda di Darfo fu, prima semplice musicante, quindi consigliere e presidente onorario negli ultimi anni. Nel 1980 gli venne attribuita, per diretto interessamento dell’allora vicepresidente regionale della A.N.B.I.M.A. maestro Antonio Raco, la Croce al Merito per la suoi 60 anni di ininterrotta attività. Schivo ma socievole, sempre portato alla conciliazione ed al dialogo, fu un elemento centrale della associazione fino alla sua scomparsa, nel 1983.
Fortunatamente, però, la famiglia Abondio ha saputo mantenere la propria grande tradizione. Oggi nella Banda militano infatti i nipoti di Giovanni, Enrico e Nicola.
Italo Agostino ebbe innata la passione per la musica, sicuramente trasmessagli dalla madre Maria Ester Caprinali (fu Gioacchino) figlia di uno dei fondatori della Banda.
Il padre Luigi fu Antonio, vista la sensibilità artistica di Italo, ben presto lo avviò agli studi musicali iscrivendolo all’Accademia Tadini di Lovere, dove ebbe come insegnante il maestro Macario, che più volte lo definì un vero fenomeno. Possedeva infatti una attitudine musicale talmente spiccata da non aver bisogno di studiare ore e ore sui libri, come dei resto esigevano i genitori, ai quali il maestro Macario stesso soleva ripetere con orgoglio: “Vostro figlio non ha certo bisogno di studiare, gli basta una sola occhiata allo spartito”.
Alla Tadini tenne molti concerti con l’organo e con il pianoforte, registrando sempre un notevole afflusso di pubblico; suonava spesso anche nelle chiese, accompagnando le funzioni religiose e destando nei fedeli vera e propria ammirazione; fu maestro e direttore della Schola Cantorum e organista della parrocchiale di Darfo; sostituì qualche volta il Macario nella direzione della nostra Banda, anche nei concerti in piazza; si dedicò alla composizione, soprattutto di carattere religioso.
In famiglia riuscì a contagiare anche i fratelli Tullio e Guido che, sotto la sua spinta, impararono a destreggiarsi rispettivamente con il clarinetto e la chitarra; Tullio era inoltre uno dei bassi della Schola Cantorum e a volte ne sostituì il fratello alla direzione del coro dove fra i tenori v’era anche il cugino Antonio.
Per la sua personalità originale e distinta Italo divenne un personaggio di spicco nel paese: sempre perfetto nel vestire, con camice in seta, pantaloni alla zuava e stivaloni costantemente mantenuti lucidi da una spazzolina nascosta nelle tasche della giacca (“Mi costi più di lucido che di tutto il resto” spesso lo rimproverava il padre) era nel cuore di tutti i darfensi e molte ragazze erano invaghite di lui. Ma soprattutto piaceva la sua musica, la sua disponibilità a suonare sempre, per chiunque glielo chiedesse, e in qualunque occasione, trascurando a volte la stanchezza e la salute fisica.
La notte di capodanno dei 1938 suonò al veglione nonostante la febbre altissima, e una semplice bronchite divenne pleurite. Erano probabilmente le prime avvisaglie di quella che poi sarà la vera croce che calò sulle spalle del povero Italo: la tubercolosi. Sopportò la malattia con grande dignità e fede ed ebbe sempre il coraggio di definirla “volontà di Dio” e, quando questa lo costrinse in casa, continuò l’impegno con la Schola Cantorum istruendo i cantori nella cucina di casa sua, dove si era fatto portare l’armonium. Le cure di olio di ricino e la dieta gli causarono una forte debilitazione. Morì il 23 agosto 1938 a soli 26 anni lasciando la moglie Maddalena Bertoni. Delle sue composizioni ci rimane purtroppo solo il titolo nella memoria dei nostri anziani, che ci parlano di un “Salutaris Hostia” per coro, organo e gruppo da camera (di cui siamo riusciti a ritrovare la partitura di tenore) di una “Ave Maria” che volle tenere con se fino alla morte perché la riteneva la sua migliore preghiera (non sappiamo se fu tumulata con la salma o se è ancora in possesso di qualcuno) e di un’operetta musicale dal titolo “Satana”, da lui interamente curata e diretta, che fu presentata all’asilo di Darfo con la partecipazione della Schola Cantorum, di membri del Vecchio Corpo Musicale, con lui al pianoforte.
C’è chi giustifica la scomparsa di queste partiture raccontando che per timore del contagio della “tisi” esse vennero stese a prendere aria sulla soffitta dell’arciprete, e da là, un colpo di vento un po’ più forte le disseminò per i tetti di Darfo. C’è chi invece nega questa tesi e sostiene che siano ancora conservate in qualche soffitta, chissà quindi che non divenga possibile un giorno riproporre ai darfensi le note del loro compaesano. Se Italo fu forse il più grande artista del ceppo Fiorini, non fu il primo, né l’unico: da quanto sappiamo infatti il più antico suonatore della famiglia fu Battista, che col tamburello accompagnò le prime marce della nostra Banda verso la fine del 1900. Poco più giovane di lui era il fratello Pietro, ottimo suonatore di genis, che trasmise l’arte della musica al figlio Battistino (il fornaio di Piazza Matteotti) per molti anni primo tenore della Schola Cantorum. A Battista, nella Banda successe il figlio Giuseppe, grande suonatore di trombone da canto, più volte ingaggiato come solista nella Cittadina di Brescia diretta dal Vasini. Anche Carlo Fiorini, cugino di Battistino e Giuseppe imparò a suonare il flauto sotto le direttive del Vasini allora maestro anche della Banda di Darfo.
LE FAMIGLIE DEGLI ULTIMI VENT’ANNI E DI OGGI
In pieno decennio 1980/1990, oltre ai fratelli Ducoli e Magri, vi erano due nuclei familiari che davano un sensibile contributo numerico alla Banda: i Salvetti e gli Alberti. Per i Salvetti l’esempio venne dato nel 1951 da Giovanni (Piero); lo seguì il fratello Egidio, clarinettista, e anni dopo vennero a far parte della banda anche i figli Renato e Adriana. Nel periodo in cui la banda era affiancata dal gruppo majorettes, vi fu inoltre la presenza di altre due figlie del “Piero”: Tiziana e Flavia e di una loro cuginetta di nome Maria. Purtroppo dei Salvetti, tanto importanti per la storia del nostro gruppo, non vi sono oggi più rappresentanti: confidiamo nelle nuove generazioni!!! Per gli Alberti il primo approccio fu dovuto alla grande passione per la musica di papà Francesco (detto “Proai”) che, non avendo potuto lui studiare (suonava la fisarmonica e il mandolino “ad orecchio”), nel 1960 “spinse” letteralmente i suoi figli Vittorio e Guerrino e più tardi anche Gianpaolo, affinché imparassero, con la scuola e con metodo, a leggere la musica e a suonare uno strumento. E fu così che con il passare del tempo, alla forzatura di papà Francesco subentrò una grande e durevole passione per la musica ed in particolar modo per la loro Banda. E oggi? La famiglia Alberti è ancora il nucleo che conta più rappresentanti! Lo schivo Vittorio di qualche decennio fa è ora il nostro insostituibile maestro!!! E al suo seguito ha convinto anche i figli, ormai altrettanto esperti suonatori: Danilo, diplomato, suona trombone e bombardino; Floriana, al saxofono contralto è maestra di solfeggio per i piccoli allievi, Renata, trombettista, è l’attuale direttrice della Banda giovanile. Altra esponente della famiglia Alberti, nipote di Vittorio e figlia di Guerrino, è Francesca, flautista. D’altro canto, oggi come oggi, nuove famiglie si sono rese protagoniste negli ultimi vent’anni di Banda! Hanno scelto di percorrere la “carriera musicale” otto coppie di fratelli e sorelle. Inoltre anche altri legami di parentela legano i componenti della Banda, perché a parte Vittorio Alberti e i suoi tre figli, abbiamo altri due papà che hanno convinto i loro “pargoli” a suonare. Infine, come non ricordare le coppie che si sono formate in Banda, dopo che dalla fine degli anni ’60 le donne hanno cominciato a farvi parte? Insomma, “galeotta fu la musica” per quattro “love storyes” giunte fino al matrimonio. E pensare che alcuni loro figli si stanno già esercitando per imparare a suonare anch’essi nel nostro gruppo: “il futuro promette proprio bene”!!!
Programma di un concerto nel comune diDorno (PV)