65 Evoluzione della gestione democratica della Banda
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Ma dopo un po’ di tempo cominciarono a nascere incomprensioni e malcontenti intorno all’operato della dirigenza da parte di molti musicanti decisi a far valere il loro parere nella gestione organizzativa con interventi e scelte che, democraticamente, coinvolgessero la maggior parte dei musicanti stessi che davano il loro contributo al funzionamento della Banda gratuitamente.
Cominciò così un lentissimo processo di democratizzazione con la nomina di un rappresentante dei musicanti, anziano e di provata fede verso la banda e verso il precedente consiglio direttivo.
Con questa mossa strategica, di poca influenza sul normale modo di agire del consiglio, il Tedeschi si assicurò una più tranquilla gestione che perdurò fino a che si ritirò, data la veneranda età, pochi anni prima della sua morte.
Questo comportamento del Tedeschi e del gruppo dirigente dovuto ad un bisogno di continuare attivamente con una tradizione ormai consolidata, non sminuì i meriti e la stima guadagnata con la grande ed ineguagliabile mole di lavoro e di energie profuse in tanti anni di dedizione alla nostra banda.
Come si vedrà anche in seguito, un ruolo fondamentale per l’evoluzione di una gestione democratica dell’Associazione fu svolto dai diversi presidenti che si succedettero nei vari periodi storici.
Dopo la grande figura carismatica di Giusto Tedeschi, il posto di presidente venne preso dall’indimenticato dott. Pacifico Gheza, con una personalità totalmente diversa rispetto a quella del suo predecessore.
La sua gestione si rivelò molto aperta e disponibile al nuovo e fu con questa ottica che il consiglio direttivo della banda cambiò radicalmente: vennero infatti eletti democraticamente, dai musicanti maggiorenni, quasi tutti i membri del consiglio. L’andar del tempo ed il sopravvenire di eventi esterni (come l’alluvione del 1960), accrebbero le difficoltà sia economiche sia di gestione della banda, ed il buon Pacifico si vide costretto, sopraffatto da avvenimenti di portata troppo pesante per la sua indole mite e per il suo carattere poco propenso ad imporre soluzioni autoritarie, ad abbandonare la carica.
I musicanti anziani a questo punto decisero che, per evitare lo scioglimento della banda, dovesse intervenire il consiglio comunale che, a sua volta nominò d’autorità il rag. Pietro Ducoli come Presidente della banda. Questi si avvalse dei pieni poteri decisionali conferitigli dal Sindaco Giacomo Cemmi per risolvere la crisi in cui versava la banda, frenando bruscamente quel processo di “apertura” da poco iniziato. Infatti, con un modo tutto personale di intendere l’organizzazione della vita della banda, fece sì che la benché minima opposizione fosse isolata. Inoltre, con un’accorta propaganda, fece in modo che musicanti ancora legati alla gestione tradizionale monodecisionale fossero eletti dalla maggioranza degli aventi diritto al voto.
Considerando che per aver diritto al voto bisognava aver compiuto i 21 anni, la cosa non presentò grosse difficoltà.
Passarono alcuni anni con una banda che alternò momenti positivi ed altri in cui sopravvisse vivendo quasi alla giornata, senza programmazione alcuna.
Diversi musicanti anziani si ritirarono ed i più giovani premettero per un cambiamento. Si era allora alla fine degli anni ‘60 ed agli inizi degli anni ‘70.
Un po’ in tutti i paesi occidentali industrializzati si stavano sviluppando nel mondo giovanile nuove idee ed una maniera diversa di vedere la vita.
Uno dei mezzi più usati da questi giovani contestatori per propagandare e diffondere i loro messaggi era la musica, grazie al suo forte potere di entrare subito nell’animo umano e colpire nel segno con grande immediatezza. Doveva però essere una musica diversa, di “rottura” dagli stili precedenti: nacquero così il rock, il pop ed altri generi, che si diffusero in maniera velocissima. La nostra valle non fu certo esclusa da questi fermenti e proprio in quegli anni nella nostra zona incominciarono a spuntare piccoli gruppi di giovani che si cimentavano nell’uso di strumenti musicali.
Fra questi, per forza di cose, c’erano anche le giovani leve della banda che, grazie al periodo propizio di passione per la musica, erano diventate piuttosto numerose, ma anche agguerrite da quegli ideali ormai propri della nuova generazione. In quegli anni, in tutto il mondo occidentale, lo scontro culturale tra le nuove idee e ed una visione conservatrice della gestione dei poteri si aggravò, a volte anche in modo drammatico. Il conflitto che di conseguenza emerse anche nella nostra banda, piccolo specchio della società che la circondava, fu inevitabile ma, per fortuna, vissuto in modo molto più dialettico.
Tra i nostri contestatori più attivi ci furono l’attuale maestro Vittorio Alberti, suo fratello Guerrino, Ugo Zelaschi e Dario Bonicelli.
Divenuti ormai una maggioranza, anche il Presidente fu costretto ad abbassare la maggiore età ed il diritto di voto a 18 anni, e fu così che nel consiglio direttivo anche i giovani riuscirono ad eleggere i propri rappresentanti.
Si giunse così anche a diverse modifiche dello statuto della banda stessa, tutte decisioni prese dalla maggioranza del consiglio, con il presidente Ducoli quasi sempre in minoranza.
Ne vogliamo citare due come esempio: si stabilì che fosse obbligatoria la consultazione dell’assemblea di tutti i musicanti per tutte le decisioni importanti e inoltre che tutti i membri, all’atto della loro entrata ed in qualsiasi età (purché riconosciuti in grado di suonare dal maestro in quel momento in carica), avessero pari diritto di quelli già facenti parte della Banda e quindi potessero esercitare il diritto di voto.
La fine della gestione Ducoli avvenne però in un modo che nessuno avrebbe voluto e cioè con la sua prematura morte, proprio mentre stava per essere eletto alla massima carica regionale dell’A.N.B.I.M.A., associazione che riunisce quasi tutte le bande italiane. Si arrivò così all’avvento di una nuova democrazia interna.
Il primo atto fu l’elezione per la prima volta a scrutinio segreto del nuovo presidente (il quale è tuttora in carica) fatta da tutta l’assemblea dei musicanti che, nel 1978, lo scelsero liberamente fra una lista di nomi presentata dal consiglio direttivo. Avrete certamente capito che parliamo del cav. Giovanni Chini.
Il “Governo” della Banda fu affidato al consiglio direttivo di cui facevano parte, oltre al Presidente, sei musicanti eletti a scrutinio segreto dall’assemblea di tutti i componenti della banda e che rimaneva in carica per 4 anni. Il consiglio direttivo era tenuto ad interpellare sempre l’assemblea dei musicanti ogni volta che le decisioni la coinvolgessero: i musicanti stessi potevano intervenire in qualsiasi momento lo ritenessero opportuno.
Anche per quanto riguardava il repertorio veniva sempre domandato il parere all’assemblea, seguendo e rispettando poi le direttive della maggioranza.
Un altro esempio di democratizzazione avviata nel corso della nuova gestione fu la possibilità data alla banda di accettare servizi organizzati da partiti con un nuovo articolo dello statuto che prevede l’impegno per tali servizi solo dopo referendum fra i musicanti con il parere favorevole del 75 %.
Chi però, per motivi personali, non fosse stato d’accordo con la decisione presa, veniva automaticamente dispensato e giustificato dal partecipare a quel servizio. I suddetti servizi non si dovevano effettuare in vicinanza delle consultazioni elettorali e non si potevano eseguire inni di partito.
Questa evoluzione positiva verso una gestione più democratica si poté attuare grazie alla costanza di coloro che si batterono per anni contro la prevaricazione da parte di dirigenti che, anche se a fin di bene, eccedevano dai limiti del loro compito.
Tutto ciò grazie anche alla tolleranza ed al rispetto delle singole idee sia religiose che politiche e da chi privilegiò sempre il proprio attaccamento alla Banda, contribuendo alla buona riuscita di tutta l’attività musicale e sociale della nostra associazione.
Un grazie particolare lo dobbiamo anche al cav. Giovanni Chini, che ha sempre gestito la sua presidenza in modo democratico, con il rispetto delle idee della maggioranza e dell’opposizione, non mancando di far sentire la propria voce in ogni momento di necessità.
Alla fine della Seconda Guerra mondiale, dopo alcuni anni di forzata pausa dell’attività musicale, alcuni superstiti amanti della musica, capeggiati dall’ormai anziano suonatore Giusto Tedeschi e dal sempre presente appassionato Carlo Fiorini, si riunirono e riformarono il gruppo bandistico con rinnovata passione.
Da subito il Tedeschi prese in mano la situazione e le redini dell’Associazione. I musicanti, abituati ormai da un ventennio ad obbedire senza discutere alle direttive imposte dall’alto, per alcuni anni continuarono ad accettare le decisioni di carattere pratico e le scelte musicali impartite dal Presidente Tedeschi e dal consiglio da sempre formato da membri esterni alla banda, scelti fra personalità di grande rilievo politico ed elevata estrazione economico-culturale della nostra cittadina.
Le giovani leve della banda si organizzano in gruppi per fare della "nuova" musica
Da subito il Tedeschi prese in mano la situazione e le redini dell’Associazione. I musicanti, abituati ormai da un ventennio ad obbedire senza discutere alle direttive imposte dall’alto, per alcuni anni continuarono ad accettare le decisioni di carattere pratico e le scelte musicali impartite dal Presidente Tedeschi e dal consiglio da sempre formato da membri esterni alla banda, scelti fra personalità di grande rilievo politico ed elevata estrazione economico-culturale della nostra cittadina.
Le giovani leve della banda si organizzano in gruppi per fare della "nuova" musica
Ma dopo un po’ di tempo cominciarono a nascere incomprensioni e malcontenti intorno all’operato della dirigenza da parte di molti musicanti decisi a far valere il loro parere nella gestione organizzativa con interventi e scelte che, democraticamente, coinvolgessero la maggior parte dei musicanti stessi che davano il loro contributo al funzionamento della Banda gratuitamente.
Cominciò così un lentissimo processo di democratizzazione con la nomina di un rappresentante dei musicanti, anziano e di provata fede verso la banda e verso il precedente consiglio direttivo.
Con questa mossa strategica, di poca influenza sul normale modo di agire del consiglio, il Tedeschi si assicurò una più tranquilla gestione che perdurò fino a che si ritirò, data la veneranda età, pochi anni prima della sua morte.
Questo comportamento del Tedeschi e del gruppo dirigente dovuto ad un bisogno di continuare attivamente con una tradizione ormai consolidata, non sminuì i meriti e la stima guadagnata con la grande ed ineguagliabile mole di lavoro e di energie profuse in tanti anni di dedizione alla nostra banda.
Come si vedrà anche in seguito, un ruolo fondamentale per l’evoluzione di una gestione democratica dell’Associazione fu svolto dai diversi presidenti che si succedettero nei vari periodi storici.
Dopo la grande figura carismatica di Giusto Tedeschi, il posto di presidente venne preso dall’indimenticato dott. Pacifico Gheza, con una personalità totalmente diversa rispetto a quella del suo predecessore.
La sua gestione si rivelò molto aperta e disponibile al nuovo e fu con questa ottica che il consiglio direttivo della banda cambiò radicalmente: vennero infatti eletti democraticamente, dai musicanti maggiorenni, quasi tutti i membri del consiglio. L’andar del tempo ed il sopravvenire di eventi esterni (come l’alluvione del 1960), accrebbero le difficoltà sia economiche sia di gestione della banda, ed il buon Pacifico si vide costretto, sopraffatto da avvenimenti di portata troppo pesante per la sua indole mite e per il suo carattere poco propenso ad imporre soluzioni autoritarie, ad abbandonare la carica.
I musicanti anziani a questo punto decisero che, per evitare lo scioglimento della banda, dovesse intervenire il consiglio comunale che, a sua volta nominò d’autorità il rag. Pietro Ducoli come Presidente della banda. Questi si avvalse dei pieni poteri decisionali conferitigli dal Sindaco Giacomo Cemmi per risolvere la crisi in cui versava la banda, frenando bruscamente quel processo di “apertura” da poco iniziato. Infatti, con un modo tutto personale di intendere l’organizzazione della vita della banda, fece sì che la benché minima opposizione fosse isolata. Inoltre, con un’accorta propaganda, fece in modo che musicanti ancora legati alla gestione tradizionale monodecisionale fossero eletti dalla maggioranza degli aventi diritto al voto.
Considerando che per aver diritto al voto bisognava aver compiuto i 21 anni, la cosa non presentò grosse difficoltà.
Passarono alcuni anni con una banda che alternò momenti positivi ed altri in cui sopravvisse vivendo quasi alla giornata, senza programmazione alcuna.
Diversi musicanti anziani si ritirarono ed i più giovani premettero per un cambiamento. Si era allora alla fine degli anni ‘60 ed agli inizi degli anni ‘70.
Un po’ in tutti i paesi occidentali industrializzati si stavano sviluppando nel mondo giovanile nuove idee ed una maniera diversa di vedere la vita.
Uno dei mezzi più usati da questi giovani contestatori per propagandare e diffondere i loro messaggi era la musica, grazie al suo forte potere di entrare subito nell’animo umano e colpire nel segno con grande immediatezza. Doveva però essere una musica diversa, di “rottura” dagli stili precedenti: nacquero così il rock, il pop ed altri generi, che si diffusero in maniera velocissima. La nostra valle non fu certo esclusa da questi fermenti e proprio in quegli anni nella nostra zona incominciarono a spuntare piccoli gruppi di giovani che si cimentavano nell’uso di strumenti musicali.
Fra questi, per forza di cose, c’erano anche le giovani leve della banda che, grazie al periodo propizio di passione per la musica, erano diventate piuttosto numerose, ma anche agguerrite da quegli ideali ormai propri della nuova generazione. In quegli anni, in tutto il mondo occidentale, lo scontro culturale tra le nuove idee e ed una visione conservatrice della gestione dei poteri si aggravò, a volte anche in modo drammatico. Il conflitto che di conseguenza emerse anche nella nostra banda, piccolo specchio della società che la circondava, fu inevitabile ma, per fortuna, vissuto in modo molto più dialettico.
Tra i nostri contestatori più attivi ci furono l’attuale maestro Vittorio Alberti, suo fratello Guerrino, Ugo Zelaschi e Dario Bonicelli.
Divenuti ormai una maggioranza, anche il Presidente fu costretto ad abbassare la maggiore età ed il diritto di voto a 18 anni, e fu così che nel consiglio direttivo anche i giovani riuscirono ad eleggere i propri rappresentanti.
Si giunse così anche a diverse modifiche dello statuto della banda stessa, tutte decisioni prese dalla maggioranza del consiglio, con il presidente Ducoli quasi sempre in minoranza.
Ne vogliamo citare due come esempio: si stabilì che fosse obbligatoria la consultazione dell’assemblea di tutti i musicanti per tutte le decisioni importanti e inoltre che tutti i membri, all’atto della loro entrata ed in qualsiasi età (purché riconosciuti in grado di suonare dal maestro in quel momento in carica), avessero pari diritto di quelli già facenti parte della Banda e quindi potessero esercitare il diritto di voto.
La fine della gestione Ducoli avvenne però in un modo che nessuno avrebbe voluto e cioè con la sua prematura morte, proprio mentre stava per essere eletto alla massima carica regionale dell’A.N.B.I.M.A., associazione che riunisce quasi tutte le bande italiane. Si arrivò così all’avvento di una nuova democrazia interna.
Il primo atto fu l’elezione per la prima volta a scrutinio segreto del nuovo presidente (il quale è tuttora in carica) fatta da tutta l’assemblea dei musicanti che, nel 1978, lo scelsero liberamente fra una lista di nomi presentata dal consiglio direttivo. Avrete certamente capito che parliamo del cav. Giovanni Chini.
Il “Governo” della Banda fu affidato al consiglio direttivo di cui facevano parte, oltre al Presidente, sei musicanti eletti a scrutinio segreto dall’assemblea di tutti i componenti della banda e che rimaneva in carica per 4 anni. Il consiglio direttivo era tenuto ad interpellare sempre l’assemblea dei musicanti ogni volta che le decisioni la coinvolgessero: i musicanti stessi potevano intervenire in qualsiasi momento lo ritenessero opportuno.
Anche per quanto riguardava il repertorio veniva sempre domandato il parere all’assemblea, seguendo e rispettando poi le direttive della maggioranza.
Un altro esempio di democratizzazione avviata nel corso della nuova gestione fu la possibilità data alla banda di accettare servizi organizzati da partiti con un nuovo articolo dello statuto che prevede l’impegno per tali servizi solo dopo referendum fra i musicanti con il parere favorevole del 75 %.
Chi però, per motivi personali, non fosse stato d’accordo con la decisione presa, veniva automaticamente dispensato e giustificato dal partecipare a quel servizio. I suddetti servizi non si dovevano effettuare in vicinanza delle consultazioni elettorali e non si potevano eseguire inni di partito.
Questa evoluzione positiva verso una gestione più democratica si poté attuare grazie alla costanza di coloro che si batterono per anni contro la prevaricazione da parte di dirigenti che, anche se a fin di bene, eccedevano dai limiti del loro compito.
Tutto ciò grazie anche alla tolleranza ed al rispetto delle singole idee sia religiose che politiche e da chi privilegiò sempre il proprio attaccamento alla Banda, contribuendo alla buona riuscita di tutta l’attività musicale e sociale della nostra associazione.
Un grazie particolare lo dobbiamo anche al cav. Giovanni Chini, che ha sempre gestito la sua presidenza in modo democratico, con il rispetto delle idee della maggioranza e dell’opposizione, non mancando di far sentire la propria voce in ogni momento di necessità.