Libro
72 1988 Anno del "falso" centenario
LibroLo sforzo maggiore fu quello della stesura della prima edizione del libro commemorativo, lavoro che ci tenne impegnati per ben due anni.
La principale iniziativa di carattere musicale fu invece il “Trittico dei 100 anni”. Si tratto di preparare nell’arco dell’anno tre concerti con programmi completamente diversi. Moltissime furono le ore di studio che ogni musicante dovette affrontare per prepararsi adeguatamente.
Il primo concerto, in Aprile, fu interamente dedicato a brani di Musica Leggera, trascritti e adattati per banda. Ci esibimmo al Cinema Teatro S. Filippo, che per tradizione era sede dei nostri principali appuntamenti col pubblico. Seguì in Luglio un Concerto di Musica Originale per Banda, cioè di brani scritti appositamente per un organico strumentale bandistico.
Terzo ed ultimo appuntamento, in Ottobre con il Concerto dedicato a brani trascritti dal repertorio di Musica Classica.
L’altra proposta di carattere culturale fu l’allestimento della Mostra “ 100 anni di musica”. A questo proposito riportiamo uno stralcio tratto dall’articolo di Antonio Lanzetti apparso in data 7 ottobre 1988 sul Giornale di Brescia:
“Darfo Boario Terme ‑ A pochi giorni dall’apertura, la mostra “Cent’anni di musica”, inauguratasi sabato scorso nell’ex convento di Darfo, sta riscuotendo un lusinghiero consenso di pubblico. Si calcola che non meno di cinquecento visitatori abbiano già varcato la soglia dell’ampio salone dell’esposizione. Una decina di doppi pannelli, prestati dalla Biblioteca civica, promotrice dell’iniziativa con l’assessorato alla Cultura del Comune, ed altrettante vetrinette offerte dal Cotabo, espongono i documenti relativi ai cent’anni di vita della Banda Cittadina di Darfo Boario Terme. Sono circa quattrocento fotografie, di cui alcune molto antiche, ritagli di giornali e di riviste (La Provincia, Mandolino ecc.), manifesti, bandi di concorso, episodi e luoghi storici, vecchi strumenti musicali (veri pezzi di antiquariato), cronache del tempo, presenze nei vari paesi della Vallecamonica, calamità naturali.
Il documento fotografico più vecchio risale agli ultimi anni dell’800 ed è l’immagine d’insieme dei musicanti parati a festa con tanto di uniforme e di cappelli piumati. Seguono poi cronache giornalistiche, manifestazioni di raduni, alternarsi di presidenze, anche momenti di tensioni, testi musicali compromessi dal tempo e dall’umidità, testimonianze varie riprodotte an che fonicamente da uno stereo sempre acceso. Allafine dell’itinerario di visita, emergono con chiarezza le linee essenziali della centenaria storia del complesso bandistico darfense.”
Come ospiti nvitatammo la Banda Cittadina di Brescia Associazione Filarmonica “Isidoro Capitanio” che in data 18 giugno eseguì il suo concerto presso il salone delle Terme di Boario riscuotendo grande consenso di pubblico.
Successivamente, il 20 settembre, fummo a nostra volta invitati a Brescia per un concerto organizzato in Piazza Loggia in occasione del 190’ anno di fondazione della loro Associazione.
Le manifestazioni del 1988 si chiusero col tradizionale concerto augurale con un programma “storico” comprendente brani eseguiti dalla nostra banda nell’arco della sua attività.
71 1987 La Banda partecipa a due concorsi
LibroIl regolamento di tale concorso infatti non prevede alcuna restrizione riguardante il numero dei componenti né la loro provenienza da altre bande. Per cinque degli strumentisti della Banda di Darfo la soddisfazione fu doppia avendo essi partecipato alle esecuzioni sia del gruppo di Pisogne che di quello di Lovere. Spronato da questo nostro successo avuto tra le file di bande amiche, il consiglio direttivo, sentito il parere favorevole dell’assemblea, decise di partecipare allo stesso concorso organizzato per l’anno seguente, il 1987.
Guidata dal maestro Vittorio Alberti e orgogliosamente composta da soli strumentisti effettivi (cioé senza alcun aiuto esterno) la Banda Cittadina di Darfo il 10 Maggio superò brillantemente la fase eliminatoria per Bande di Prima Categoria, esibendosi con “Ticino Concert March” (pezzo d’obbligo) e con una suite tratta dai “Carmina Burana” del compositore tedesco Carl Orff. Con questo risultato ci aggiudicammo il diritto di partecipare alla finalissima che si svolse il 31 Maggio. Il concorso, che vedeva la partecipazione di ben 27 bande divise in due distinti gironi con difficoltà musicali differenti; minori se di 2° categoria, superiori se di 1°, vide la vittoria della Banda musicale di Manerbio seguita dalla Banda svizzera di Gorduno e al terzo posto la nostra Banda.
Delusione e rammarico si colsero, alla fine della valutazione, fra i componenti del nostro complesso. Se da una parte si poteva infatti riconoscere ai colleghi di Manerbio una certa caratura rispetto al nostro gruppo, non così era per la Banda svizzera che venne considerata dalla maggioranza sensibilmente inferiore alla nostra.
Ormai consapevoli delle proprie capacità musicali, il maestro, il consiglio ed i musicanti tutti decisero di partecipare anche al Primo Concorso Regionale Lombardo per Bande Musicali, che si svolse a Brescia il 14 - 15 Novembre 1987.
Al concorso di Brescia le 18 bande partecipanti furono suddivise in tre categorie: la Banda di Darfo partecipò con esecuzioni che gli organizzatori classificarono in 1° categoria. Eseguimmo, alla già citata ed impegnativa suite dei “Carmina Burana”, il brano d’obbligo “Suite on Greek Love Song” del compositore olandese H. V. Lijnschooten, pezzo assai difficile.
Anche in questa occasione ci comportammo bene: la giuria ci classificò al terzo posto.
Comunque, al di là dei risultati di classifica, queste esperienze furono molti utili soprattutto per i ragazzi giovani: non solo ebbero modo di confrontarsi con altre realtà musicali, ma acquisirono maggiore capacità di concentrazione, indispensabile per presentarsi con una certa tranquillità davanti ad un pubblico e ad una giuria.
Porlezza, maggio 1987: concorso "Bande in Pedana"
70 Musica a .... 15 giri
LibroNon altrettanto si può dire per quanto riguarda lo stile “nel marciare” poiché, pur avendo percorso tantissimi chilometri assieme, spesso è venuto meno nei bandisti il senso del passo marziale e quello della “rotta”.
Se un tempo solo il dio Bacco poteva causare certi “sbandamenti” durante le marce in processione, oggi, la quasi totale mancanza di istruzione e di inquadramento “militareschi” fa sì che non poche sfilate riescono sullo stile “oggi le comiche”.
Caratteristico lo schetc che per ben due volte consecutive si è ripetuto davanti alle terme di Boario: la prima volta accompagnavamo dal piazzale della stazione il corteo degli Autieri, marciavamo disposti su quattro colonne, come di solito, e giunti davanti al portico antistante il parco ci fu ordinato di fermarci per lasciar passare il corteo.
L’ordine “Fermi!” fu prontamente eseguito, e con altrettanta celerità si eseguì l’ordine “Giratevi!”.
Ma non essendo stato specificato il senso di rotazione, capitò che non pochi di noi si trovarono a guardarsi negli occhi.
Tragico fu che ognuno credette di essere in errore, e tutti corressero con una rotazione di 180 gradi trovandosi così davanti… gli occhi confusi dell’altro compagno.
Morale della favola: ci fu chi compì otto giri su se stesso, chi dieci, chi quindici.
Tutto questo accadde mentre; ovviamente, si stava eseguendo una marcetta.
Ora, il senso del dovere radicato, in ogni musicante, impone di non smettere mai di suonare durante l’esecuzione di un brano, ma era altresì impossibile riuscire a leggere lo spartito durante le rotazioni a corpo libero.
Ognuno perciò si affidò alla propria fantasia (che di solito si chiama orecchio), ma anche se nell’organico c’è perfetta intesa e tanta amicizia, le fantasie non sono ancora unificate. Perciò la marcia fu…
Il pubblico, sempre buono e affettuoso, riuscì ugualmente ad applaudirci, e lo fece con tanto calore che noi pensammo di ripetere la medesima scena qualche mese dopo, sempre nello stesso posto, questa volta accompagnando il corteo dell’AVIS.
Qualche anno fa invece eravamo a un raduno di bande a Limone del Garda assieme al gruppo ANBIMA della Valle Camonica: il programma prevedeva che una per una, alla distanza di 50 metri dalla precedente, le bande sfilassero da una piazza in riva al lago, attraverso dei vicoletti, fino ad una seconda piazza poco distante, dove, a turno avrebbero eseguito un breve concerto. Partì la prima banda, poi la seconda, la terza… finché toccò a noi.
Come alle precedenti anche a noi era stata assegnata una gentile donzella che ci guidasse per il breve percorso.
Or capitò che di gentili donzelle ce ne fosse un gran numero in quel di Limone e che i flauti (sempre in prima fila) perdute le tracce della prima, ne seguirono un’altra trascinando con sé ovviamente l’intero organico.
Le note della banda precedente, rifrangendo sui muri dello stretto vicolo, non potevano essere un aiuto sicuro per l’orientamento ed inoltre la folla, molto numerosa, si richiudeva dietro ogni banda per poterla ascoltare ancora per qualche attimo, cancellando così ogni traccia di percorso.
Ad un certo punto… frenata improvvisa dei flauti, seguita da frenate meno improvvise e da tamponamenti vari degli altri strumenti: eravamo finiti su un molo di attracco di un piccolo traghetto, e a pochi metri da noi c’era solo il lago.
Il dietro front non poté essere elegante perché il molo era proprio stretto e fu così che, con in testa cassa e piatti e per ultimi clarinetti e flauti, ripenetrammo quella folla che ancora si domandava “ma dove vanno quelli là?”.
E le belle donzelle ci imbrogliarono anche a Brescia ad un raduno d’impostazione simile al precedente: si partiva scaglionati da Piazza del Duomo per giungere in Piazza della Loggia dove era allestito il palco per il concerto. Anche qui un organizzatore indicò ai quattro capofila una fanciulla, ma lo fece in modo assai poco chiaro e frettoloso, forse in noi giocava anche l’emozione e un po’ di confusione, perché un gran traffico sulla strada ci aveva fatti arrivare in ritardo.
Fatto sta che quando il tizio ci indicò l’accompagnatrice il capofila di destra inquadrò una ragazza che gli era poco distante e che “indubbiamente” aveva l’aspetto di una organizzatrice, mentre il capofila di sinistra ne inquadrò un’altra dagli stessi connotati.
Destino volle che le due non fossero sorelle né abitassero nello stesso quartiere e che al primo incrocio imboccassero… le due strade opposte. Si ebbe la scissione della banda: due colonne verso destra e le altre due verso sinistra.
Fortunatamente presto ci si accorse del capitato, ma ciascuna delle due file stimò di essere in errore, e anche quella di destra, che era per sua fortuna sulla retta via, rischiò di ricadere in perdizione.
Fu provvidenziale l’intervento di alcune persone del pubblico che ci accompagnarono (noi che eravamo bresciani!) fino alla Loggia dove già ci attendevano le bande di ogni paese della Lombardia.
E di episodi di questo genere ce ne sono tanti, perché è anche vero che di chilometri suonando ne abbiamo fatti! Ne capiteranno sicuramente ancora, ma non lo consideriamo un problema perché quando tra noi qualcuno ricorda queste avventure, ci facciamo tutti una risata, creando così un clima di allegria tra amici che suonano per divertirsi e per stare assieme.
69 Maestro Abramo Albrici
LibroAl di là di questo particolare forse minore, ma che ben spiega il personaggio, Abramo Albrici è sempre stato vicino alla nostra associazione e ne ha vissuto forse gli anni più turbolenti, traghettando tra l’altro la Banda dalle precedenti direzioni più tradizionaliste a quella assai più moderna del già citato maestro Alberti. In un periodo (fine anni ‘70) in cui gli scontri fra innovatori e non erano ancora molti forti, la sua tranquillità, unita ad un forte spirito di conciliazione, lo rendeva gradito ad entrambe le “fazioni”.
Egli, per qualche anno direttore a Darfo, per ben 47 anni maestro a Vilminore (BG), ha esemplificato in maniera perfetta l’unione e l’amicizia che c’è sempre stata fra i due complessi.
Ricoprì la carica di consigliere provinciale dell’ANBIMA nella quale si prodigò con molta passione e rigore fino alla sua morte, avvenuta nel giugno del 1998. Ai musicanti meno giovani che lo hanno conosciuto, piace ricordarlo ancora con affetto raccontandosi i momenti di simpatia che sapeva con abilità creare nel gruppo nelle occasioni di festa.
68 Progressi qualitativi e quantitativi dell'organico della Banda
LibroDel periodo che sta fra la prima guerra mondiale e qualche anno antecedente l’avvento del fascismo, non si riesce ancora a capire bene il grado di preparazione posseduto dai musicanti, viceversa le testimonianze dei più anziani ed i documenti ancora esistenti provano che, con l’inizio dell’era fascista, vi fu un grosso incremento della qualità e della quantità dei servizi civili (parate, raduni, sabati fascisti, ecc.), nonché di concerti in piazza.
Il miglioramento fu dovuto, però, quasi esclusivamente alla militarizzazione del corpo musicale, per il dovere di assoluta obbedienza alle direttive dei gerarchi fascisti, che comportava un’assidua partecipazione parallelamente ad un impegno nell’ambito dello studio della musica, pena, a volte la perdita del posto di lavoro o altre restrizioni.
Dopo la liberazione dal nazi‑fascismo la banda ritornò ad essere una associazione basata sul vero volontariato, ma molti, anche se bravi musicanti, “attaccarono al chiodo” i loro strumenti, la “ventennale” esperienza non aveva infatti contribuito ad aumentare la loro passione per la musica.
I veri appassionati continuarono invece a sostenere ed a operare per la rinascita della Banda.
L’insegnamento della musica ai nuovi allievi continuò ad essere curato dagli instancabili Santandrea (per gli ottoni) e Treccani (per i legni) fino al loro ritiro per la veneranda età raggiunta.
I due anziani e benemeriti insegnanti furono sostituiti in seguito dai vari maestri che si susseguirono fino agli inizi degli anni ‘60 anche alla direzione della banda.
È di questo periodo una certa superficialità, non nell’insegnamento, ma nella durata dello stesso, dovuta alla mancanza cronica di strumentisti: non appena un allievo se la cavava discretamente, veniva inserito nelle esigue fila della banda.
Questo comportava quasi sempre l’abbandono degli studi musicali, con il conseguente blocco dell’ulteriore apprendimento del musicante stesso. Nonostante tutto, la banda di Darfo rimase sempre fra le migliori della nostra zona, come qualità di suono, non potendo però effettuare in quel periodo delle impegnative prestazioni concertistiche.
Fu a questo punto che l’allora instancabile segretario Faustinoni Lorenzo ed il musicante Pellegrinelli Dante andarono (contro il parere del Presidente Pierino Ducoli) a pregare il maestro Giovanni Ligasacchi, già direttore della pluri‑premiata Banda Cittadina di Brescia, perché accettasse di venire a Darfo a dirigere la loro Banda.
Trovatosi con una base di musicanti notevolmente migliorata, la “cura” Ligasacchi diede subito dei grossi frutti; il Maestro infatti, facendo eseguire della musica adatta alla preparazione musicale dell’organico a sua disposizione, curò innanzitutto l’emissione dei suoni e l’interpretazione dei vari brani da lui proposti, con risultati assai validi.
Il rinnovato impegno si rivelò molto gravoso per alcuni musicanti anziani costretti a ripassarsi le partiture per poter tenere il passo dei giovani strumentisti; questo li portò ad un graduale disimpegno, costringendo il maestro Ligasacchi a dare per due volte le dimissioni in poco tempo (la seconda volta definitive) per la scarsa partecipazione di una parte dei musicanti di Darfo e per l’avversione (mai sopita) del Presidente Ducoli. Questo episodio portò anche all’abbandono definitivo del validissimo segretario Faustinoni.
Oramai la via era tracciata, e quando il maestro Salvini ebbe introdotto nella banda altre nuove forze, prese in mano anche la direzione. Continuò a sviluppare il lavoro da anni intrapreso, con l’introduzione nel repertorio concertistico di pezzi originali per banda di stile moderno, che “rompevano” con il classico repertorio fatto di marcette, marce sinfoniche e trascrizioni di opere liriche.
Non mancarono anche allora le critiche dei musicanti anziani che addirittura all’inizio si rifiutarono di eseguirli. L’intuizione del Maestro Salvini portò ad una crescita degli allievi che si avvicinavano con rinnovata passione alla banda. Oltre al Salvini nella preparazione degli allievi si alternarono diversi Maestri incaricati dalla Regione per i corsi di orientamento musicale fra cui Fausto Rizza, Antonio Raco, Martino Savoldelli. Poi, però, il Maestro Salvini fu costretto ad abbandonare per motivi di salute.
Nel 1974 la responsabilità dell’insegnamento venne affidata a Vittorio Alberti che nel frattempo continuava gli studi per poi diplomarsi al Conservatorio di Brescia.
Da allora l’Alberti poté impostare un concreto programma che portò ad avere, alla fine degli anni ’80, un organico di 50 strumentisti di cui 32, suoi allievi, accuratamente preparati.
Mentre la formazione dei musicanti progrediva, alla direzione della Banda si ebbe la lunga parentesi dal 1975 al 1981 affidata al Maestro cav. Abramo Albrici, che con la sua simpatia, la sua cordialità e la sua disponibilità instaurò un rapporto di fattiva collaborazione con i responsabili dell’insegnamento.
Sorretto dalle sue capacità direttive e musicali seppe mettere a frutto i suggerimenti ed i consigli che man mano gli venivano proposti. Iniziò infatti con lui la tradizione del Concerto Augurale di fine anno con il repertorio sempre totalmente rinnovato di anno in anno. La notevole preparazione di base dei musicanti permise l’esecuzione di brani con grosse difficoltà tecnico‑ interpretative.
Del periodo con il maestro Albrici ci piace ricordare inoltre la fattiva collaborazione con alcuni musicanti di Vilminore che portarono il loro contributo ai concerti ed ai servizi della nostra banda, contraccambiati da molti suonatori di Darfo che si recarono all’occorrenza ad aiutare i loro colleghi in Val di Scalve.
66 Le famiglie storiche
LibroPoiché particolarmente numerosi, spiegare a parole legami e ruoli è un compito assai complesso. Dunque: capostipite fu Francesco (Cader) che ebbe quattro figli: Giuseppe (Cader); Andrea (Caderì); Bortolo e Caterina.
Bortolo ebbe tre figli di cui solo uno fu nella Banda di Darfo: Pierino, flicorno basso.
Andrea ebbe otto figli, tutti assai portati per l’arte, non solo musicale: Angelo, imbianchino ed intagliatore di legno, fu clarinettista e saxofonista; Battista (1881-1955) calzolaio di professione, suonò il bombardino, il trombone ed il genis e fu talmente stimato che, allorquando si ruppe i denti in un incidente sul lavoro, la Banda deliberò di pagare di tasca propria il dentista per evitare appunto di perderlo. Bisognava però andare a Brescia, e poiché la città era sotto i bombardamenti, non se ne fece più nulla. Suo fratello Felice (1888 - 1931) fu sarto e flautista. Francesco suonò il clarinetto nella Banda di Darfo, prima di essere costretto ad emigrare. Stessa sorte toccò al fratello Antonio, falegname, primo clarinetto e vice-maestro che andò a lavorare dapprima in Francia e poi a Gallarate (MI) dove continuò a suonare nella banda locale (e dove suonerà anche il figlio Nino, prezioso testimone di molte vicende della famiglia Abondio, fonte delle tante notizie raccolte dai redattori del libro del 1988). Maria, a cui non era permesso fare parte della banda (in quanto donna) fu mezzo soprano nel coro Parrochiale.
Fra i figli di Andrea il più conosciuto fu però certamente Giovanni (Caderì), il quale, se è vero che suonò (il tamburello) solo sporadicamente nel nostro complesso, diede comunque una impronta indelebile alla musica camuna del tempo. Studiò alla Accademia Tadini di Lovere (BG), fu primo tenore della “Schola Cantorum” ed addirittura corista al Teatro La Scala di Milano. Pianista e chitarrista, trascrisse numerosi brani operistici proprio per la Banda di Darfo. Fu sicuramente un personaggio assai singolare: dotato anche nella pittura. Pur avendo egli ricevuto numerose offerte di lavoro sia in Italia che all’estero, preferì non accettare mai nessun impegno continuativo, vivendo alla giornata vendendo i suoi quadri e dando lezioni di canto.
Il terzo ceppo degli Abondio è quello che comprende i figli di Giuseppe (Cader): Giacomina (1901-1975) apprezzata voce di contralto, Francesco (1894-1979) tenore della “Schola Cantorum (non imparò mai a suonare uno strumento in quanto, essendo orfano di madre e primogenito, dovette aiutare sin dall’infanzia il padre a portare avanti la famiglia); Celeste (1910-1980) suonatore di grancassa, basso nella già citata “Schola Cantorum” e Giovanni, colui che fra i fratelli “Cader” si dedicò maggiormente alla musica. Cominciò la sua “carriera” suonando prima il trombone quindi il flicorno tenore ed il bombardino, ma trovò la sua definitiva collocazione nelle file dei bassi. La sua dedizione al nostro complesso fu veramente straordinaria: nella Banda di Darfo fu, prima semplice musicante, quindi consigliere e presidente onorario negli ultimi anni. Nel 1980 gli venne attribuita, per diretto interessamento dell’allora vicepresidente regionale della A.N.B.I.M.A. maestro Antonio Raco, la Croce al Merito per la suoi 60 anni di ininterrotta attività. Schivo ma socievole, sempre portato alla conciliazione ed al dialogo, fu un elemento centrale della associazione fino alla sua scomparsa, nel 1983.
Fortunatamente, però, la famiglia Abondio ha saputo mantenere la propria grande tradizione. Oggi nella Banda militano infatti i nipoti di Giovanni, Enrico e Nicola.
Italo Agostino ebbe innata la passione per la musica, sicuramente trasmessagli dalla madre Maria Ester Caprinali (fu Gioacchino) figlia di uno dei fondatori della Banda.
Il padre Luigi fu Antonio, vista la sensibilità artistica di Italo, ben presto lo avviò agli studi musicali iscrivendolo all’Accademia Tadini di Lovere, dove ebbe come insegnante il maestro Macario, che più volte lo definì un vero fenomeno. Possedeva infatti una attitudine musicale talmente spiccata da non aver bisogno di studiare ore e ore sui libri, come dei resto esigevano i genitori, ai quali il maestro Macario stesso soleva ripetere con orgoglio: “Vostro figlio non ha certo bisogno di studiare, gli basta una sola occhiata allo spartito”.
Alla Tadini tenne molti concerti con l’organo e con il pianoforte, registrando sempre un notevole afflusso di pubblico; suonava spesso anche nelle chiese, accompagnando le funzioni religiose e destando nei fedeli vera e propria ammirazione; fu maestro e direttore della Schola Cantorum e organista della parrocchiale di Darfo; sostituì qualche volta il Macario nella direzione della nostra Banda, anche nei concerti in piazza; si dedicò alla composizione, soprattutto di carattere religioso.
In famiglia riuscì a contagiare anche i fratelli Tullio e Guido che, sotto la sua spinta, impararono a destreggiarsi rispettivamente con il clarinetto e la chitarra; Tullio era inoltre uno dei bassi della Schola Cantorum e a volte ne sostituì il fratello alla direzione del coro dove fra i tenori v’era anche il cugino Antonio.
Per la sua personalità originale e distinta Italo divenne un personaggio di spicco nel paese: sempre perfetto nel vestire, con camice in seta, pantaloni alla zuava e stivaloni costantemente mantenuti lucidi da una spazzolina nascosta nelle tasche della giacca (“Mi costi più di lucido che di tutto il resto” spesso lo rimproverava il padre) era nel cuore di tutti i darfensi e molte ragazze erano invaghite di lui. Ma soprattutto piaceva la sua musica, la sua disponibilità a suonare sempre, per chiunque glielo chiedesse, e in qualunque occasione, trascurando a volte la stanchezza e la salute fisica.
La notte di capodanno dei 1938 suonò al veglione nonostante la febbre altissima, e una semplice bronchite divenne pleurite. Erano probabilmente le prime avvisaglie di quella che poi sarà la vera croce che calò sulle spalle del povero Italo: la tubercolosi. Sopportò la malattia con grande dignità e fede ed ebbe sempre il coraggio di definirla “volontà di Dio” e, quando questa lo costrinse in casa, continuò l’impegno con la Schola Cantorum istruendo i cantori nella cucina di casa sua, dove si era fatto portare l’armonium. Le cure di olio di ricino e la dieta gli causarono una forte debilitazione. Morì il 23 agosto 1938 a soli 26 anni lasciando la moglie Maddalena Bertoni. Delle sue composizioni ci rimane purtroppo solo il titolo nella memoria dei nostri anziani, che ci parlano di un “Salutaris Hostia” per coro, organo e gruppo da camera (di cui siamo riusciti a ritrovare la partitura di tenore) di una “Ave Maria” che volle tenere con se fino alla morte perché la riteneva la sua migliore preghiera (non sappiamo se fu tumulata con la salma o se è ancora in possesso di qualcuno) e di un’operetta musicale dal titolo “Satana”, da lui interamente curata e diretta, che fu presentata all’asilo di Darfo con la partecipazione della Schola Cantorum, di membri del Vecchio Corpo Musicale, con lui al pianoforte.
C’è chi giustifica la scomparsa di queste partiture raccontando che per timore del contagio della “tisi” esse vennero stese a prendere aria sulla soffitta dell’arciprete, e da là, un colpo di vento un po’ più forte le disseminò per i tetti di Darfo. C’è chi invece nega questa tesi e sostiene che siano ancora conservate in qualche soffitta, chissà quindi che non divenga possibile un giorno riproporre ai darfensi le note del loro compaesano. Se Italo fu forse il più grande artista del ceppo Fiorini, non fu il primo, né l’unico: da quanto sappiamo infatti il più antico suonatore della famiglia fu Battista, che col tamburello accompagnò le prime marce della nostra Banda verso la fine del 1900. Poco più giovane di lui era il fratello Pietro, ottimo suonatore di genis, che trasmise l’arte della musica al figlio Battistino (il fornaio di Piazza Matteotti) per molti anni primo tenore della Schola Cantorum. A Battista, nella Banda successe il figlio Giuseppe, grande suonatore di trombone da canto, più volte ingaggiato come solista nella Cittadina di Brescia diretta dal Vasini. Anche Carlo Fiorini, cugino di Battistino e Giuseppe imparò a suonare il flauto sotto le direttive del Vasini allora maestro anche della Banda di Darfo.
LE FAMIGLIE DEGLI ULTIMI VENT’ANNI E DI OGGI
In pieno decennio 1980/1990, oltre ai fratelli Ducoli e Magri, vi erano due nuclei familiari che davano un sensibile contributo numerico alla Banda: i Salvetti e gli Alberti. Per i Salvetti l’esempio venne dato nel 1951 da Giovanni (Piero); lo seguì il fratello Egidio, clarinettista, e anni dopo vennero a far parte della banda anche i figli Renato e Adriana. Nel periodo in cui la banda era affiancata dal gruppo majorettes, vi fu inoltre la presenza di altre due figlie del “Piero”: Tiziana e Flavia e di una loro cuginetta di nome Maria. Purtroppo dei Salvetti, tanto importanti per la storia del nostro gruppo, non vi sono oggi più rappresentanti: confidiamo nelle nuove generazioni!!! Per gli Alberti il primo approccio fu dovuto alla grande passione per la musica di papà Francesco (detto “Proai”) che, non avendo potuto lui studiare (suonava la fisarmonica e il mandolino “ad orecchio”), nel 1960 “spinse” letteralmente i suoi figli Vittorio e Guerrino e più tardi anche Gianpaolo, affinché imparassero, con la scuola e con metodo, a leggere la musica e a suonare uno strumento. E fu così che con il passare del tempo, alla forzatura di papà Francesco subentrò una grande e durevole passione per la musica ed in particolar modo per la loro Banda. E oggi? La famiglia Alberti è ancora il nucleo che conta più rappresentanti! Lo schivo Vittorio di qualche decennio fa è ora il nostro insostituibile maestro!!! E al suo seguito ha convinto anche i figli, ormai altrettanto esperti suonatori: Danilo, diplomato, suona trombone e bombardino; Floriana, al saxofono contralto è maestra di solfeggio per i piccoli allievi, Renata, trombettista, è l’attuale direttrice della Banda giovanile. Altra esponente della famiglia Alberti, nipote di Vittorio e figlia di Guerrino, è Francesca, flautista. D’altro canto, oggi come oggi, nuove famiglie si sono rese protagoniste negli ultimi vent’anni di Banda! Hanno scelto di percorrere la “carriera musicale” otto coppie di fratelli e sorelle. Inoltre anche altri legami di parentela legano i componenti della Banda, perché a parte Vittorio Alberti e i suoi tre figli, abbiamo altri due papà che hanno convinto i loro “pargoli” a suonare. Infine, come non ricordare le coppie che si sono formate in Banda, dopo che dalla fine degli anni ’60 le donne hanno cominciato a farvi parte? Insomma, “galeotta fu la musica” per quattro “love storyes” giunte fino al matrimonio. E pensare che alcuni loro figli si stanno già esercitando per imparare a suonare anch’essi nel nostro gruppo: “il futuro promette proprio bene”!!!
Programma di un concerto nel comune diDorno (PV)
65 Evoluzione della gestione democratica della Banda
LibroDa subito il Tedeschi prese in mano la situazione e le redini dell’Associazione. I musicanti, abituati ormai da un ventennio ad obbedire senza discutere alle direttive imposte dall’alto, per alcuni anni continuarono ad accettare le decisioni di carattere pratico e le scelte musicali impartite dal Presidente Tedeschi e dal consiglio da sempre formato da membri esterni alla banda, scelti fra personalità di grande rilievo politico ed elevata estrazione economico-culturale della nostra cittadina.
Le giovani leve della banda si organizzano in gruppi per fare della "nuova" musica
Ma dopo un po’ di tempo cominciarono a nascere incomprensioni e malcontenti intorno all’operato della dirigenza da parte di molti musicanti decisi a far valere il loro parere nella gestione organizzativa con interventi e scelte che, democraticamente, coinvolgessero la maggior parte dei musicanti stessi che davano il loro contributo al funzionamento della Banda gratuitamente.
Cominciò così un lentissimo processo di democratizzazione con la nomina di un rappresentante dei musicanti, anziano e di provata fede verso la banda e verso il precedente consiglio direttivo.
Con questa mossa strategica, di poca influenza sul normale modo di agire del consiglio, il Tedeschi si assicurò una più tranquilla gestione che perdurò fino a che si ritirò, data la veneranda età, pochi anni prima della sua morte.
Questo comportamento del Tedeschi e del gruppo dirigente dovuto ad un bisogno di continuare attivamente con una tradizione ormai consolidata, non sminuì i meriti e la stima guadagnata con la grande ed ineguagliabile mole di lavoro e di energie profuse in tanti anni di dedizione alla nostra banda.
Come si vedrà anche in seguito, un ruolo fondamentale per l’evoluzione di una gestione democratica dell’Associazione fu svolto dai diversi presidenti che si succedettero nei vari periodi storici.
Dopo la grande figura carismatica di Giusto Tedeschi, il posto di presidente venne preso dall’indimenticato dott. Pacifico Gheza, con una personalità totalmente diversa rispetto a quella del suo predecessore.
La sua gestione si rivelò molto aperta e disponibile al nuovo e fu con questa ottica che il consiglio direttivo della banda cambiò radicalmente: vennero infatti eletti democraticamente, dai musicanti maggiorenni, quasi tutti i membri del consiglio. L’andar del tempo ed il sopravvenire di eventi esterni (come l’alluvione del 1960), accrebbero le difficoltà sia economiche sia di gestione della banda, ed il buon Pacifico si vide costretto, sopraffatto da avvenimenti di portata troppo pesante per la sua indole mite e per il suo carattere poco propenso ad imporre soluzioni autoritarie, ad abbandonare la carica.
I musicanti anziani a questo punto decisero che, per evitare lo scioglimento della banda, dovesse intervenire il consiglio comunale che, a sua volta nominò d’autorità il rag. Pietro Ducoli come Presidente della banda. Questi si avvalse dei pieni poteri decisionali conferitigli dal Sindaco Giacomo Cemmi per risolvere la crisi in cui versava la banda, frenando bruscamente quel processo di “apertura” da poco iniziato. Infatti, con un modo tutto personale di intendere l’organizzazione della vita della banda, fece sì che la benché minima opposizione fosse isolata. Inoltre, con un’accorta propaganda, fece in modo che musicanti ancora legati alla gestione tradizionale monodecisionale fossero eletti dalla maggioranza degli aventi diritto al voto.
Considerando che per aver diritto al voto bisognava aver compiuto i 21 anni, la cosa non presentò grosse difficoltà.
Passarono alcuni anni con una banda che alternò momenti positivi ed altri in cui sopravvisse vivendo quasi alla giornata, senza programmazione alcuna.
Diversi musicanti anziani si ritirarono ed i più giovani premettero per un cambiamento. Si era allora alla fine degli anni ‘60 ed agli inizi degli anni ‘70.
Un po’ in tutti i paesi occidentali industrializzati si stavano sviluppando nel mondo giovanile nuove idee ed una maniera diversa di vedere la vita.
Uno dei mezzi più usati da questi giovani contestatori per propagandare e diffondere i loro messaggi era la musica, grazie al suo forte potere di entrare subito nell’animo umano e colpire nel segno con grande immediatezza. Doveva però essere una musica diversa, di “rottura” dagli stili precedenti: nacquero così il rock, il pop ed altri generi, che si diffusero in maniera velocissima. La nostra valle non fu certo esclusa da questi fermenti e proprio in quegli anni nella nostra zona incominciarono a spuntare piccoli gruppi di giovani che si cimentavano nell’uso di strumenti musicali.
Fra questi, per forza di cose, c’erano anche le giovani leve della banda che, grazie al periodo propizio di passione per la musica, erano diventate piuttosto numerose, ma anche agguerrite da quegli ideali ormai propri della nuova generazione. In quegli anni, in tutto il mondo occidentale, lo scontro culturale tra le nuove idee e ed una visione conservatrice della gestione dei poteri si aggravò, a volte anche in modo drammatico. Il conflitto che di conseguenza emerse anche nella nostra banda, piccolo specchio della società che la circondava, fu inevitabile ma, per fortuna, vissuto in modo molto più dialettico.
Tra i nostri contestatori più attivi ci furono l’attuale maestro Vittorio Alberti, suo fratello Guerrino, Ugo Zelaschi e Dario Bonicelli.
Divenuti ormai una maggioranza, anche il Presidente fu costretto ad abbassare la maggiore età ed il diritto di voto a 18 anni, e fu così che nel consiglio direttivo anche i giovani riuscirono ad eleggere i propri rappresentanti.
Si giunse così anche a diverse modifiche dello statuto della banda stessa, tutte decisioni prese dalla maggioranza del consiglio, con il presidente Ducoli quasi sempre in minoranza.
Ne vogliamo citare due come esempio: si stabilì che fosse obbligatoria la consultazione dell’assemblea di tutti i musicanti per tutte le decisioni importanti e inoltre che tutti i membri, all’atto della loro entrata ed in qualsiasi età (purché riconosciuti in grado di suonare dal maestro in quel momento in carica), avessero pari diritto di quelli già facenti parte della Banda e quindi potessero esercitare il diritto di voto.
La fine della gestione Ducoli avvenne però in un modo che nessuno avrebbe voluto e cioè con la sua prematura morte, proprio mentre stava per essere eletto alla massima carica regionale dell’A.N.B.I.M.A., associazione che riunisce quasi tutte le bande italiane. Si arrivò così all’avvento di una nuova democrazia interna.
Il primo atto fu l’elezione per la prima volta a scrutinio segreto del nuovo presidente (il quale è tuttora in carica) fatta da tutta l’assemblea dei musicanti che, nel 1978, lo scelsero liberamente fra una lista di nomi presentata dal consiglio direttivo. Avrete certamente capito che parliamo del cav. Giovanni Chini.
Il “Governo” della Banda fu affidato al consiglio direttivo di cui facevano parte, oltre al Presidente, sei musicanti eletti a scrutinio segreto dall’assemblea di tutti i componenti della banda e che rimaneva in carica per 4 anni. Il consiglio direttivo era tenuto ad interpellare sempre l’assemblea dei musicanti ogni volta che le decisioni la coinvolgessero: i musicanti stessi potevano intervenire in qualsiasi momento lo ritenessero opportuno.
Anche per quanto riguardava il repertorio veniva sempre domandato il parere all’assemblea, seguendo e rispettando poi le direttive della maggioranza.
Un altro esempio di democratizzazione avviata nel corso della nuova gestione fu la possibilità data alla banda di accettare servizi organizzati da partiti con un nuovo articolo dello statuto che prevede l’impegno per tali servizi solo dopo referendum fra i musicanti con il parere favorevole del 75 %.
Chi però, per motivi personali, non fosse stato d’accordo con la decisione presa, veniva automaticamente dispensato e giustificato dal partecipare a quel servizio. I suddetti servizi non si dovevano effettuare in vicinanza delle consultazioni elettorali e non si potevano eseguire inni di partito.
Questa evoluzione positiva verso una gestione più democratica si poté attuare grazie alla costanza di coloro che si batterono per anni contro la prevaricazione da parte di dirigenti che, anche se a fin di bene, eccedevano dai limiti del loro compito.
Tutto ciò grazie anche alla tolleranza ed al rispetto delle singole idee sia religiose che politiche e da chi privilegiò sempre il proprio attaccamento alla Banda, contribuendo alla buona riuscita di tutta l’attività musicale e sociale della nostra associazione.
Un grazie particolare lo dobbiamo anche al cav. Giovanni Chini, che ha sempre gestito la sua presidenza in modo democratico, con il rispetto delle idee della maggioranza e dell’opposizione, non mancando di far sentire la propria voce in ogni momento di necessità.
64 Il gruppo ottoni Girolamo Fantini
LibroPrese vita così, nel 1979, il “gruppo ottoni Girolamo Fantini”.
Pisogne, 23/09/1979 - 3° Raduno bandistico del Sebino. Il Gruppo Ottoni "Girolamo Fantini" in una delle sue prime apparizioniin pubblico.
Il gruppo con questa attività si propose di sviluppare un discorso culturale, contribuendo alla conoscenza e alla diffusione di brani e autori che difficilmente si potevano ascoltare, spaziando dal periodo barocco fino al contemporaneo.
Tra i numerosi concerti eseguiti in questi anni ci piace ricordare la partecipazione al raduno di Pisogne del 23‑9‑1979, che segnò l’inizio dei concerti organizzati per i componenti delle bande (Iseo‑Pezzo‑Borgo S. Giacomo ecc.), e la collaborazione con i componenti della compagnia “Teatro per Lovere” nel l’allestimento dello spettacolo “L’affondamento del Titanic”.
Per quanto riguarda l’attività nelle scuole, che fu sempre in primo piano, citiamo quanto ha scritto il prof. Antonio Puritani in un articolo sul bimestrale “Brescia Musica” n.11 del febbraio 1988 dove, sotto il titolo “Itinerario di lettura del linguaggio musicale”, su iniziativa portata avanti dal sistema bibliotecario Valle Camonica Centro Sud, leggiamo “… ma il concerto che ha dato risultati insperati, considerate le infinite richieste di bis, è stato quello tenuto a Gianico dal gruppo ottoni, “Girolamo Fantini” diretto da Vittorio Alberti, che ha coinvolto nell’ascolto guidato, al mattino gli alunni delle scuole elementari, quindi quelle delle medie e, alla sera, l’intera popolazione”.
L’organico, nonostante l’alternarsi negli ultimi anni di vari strumentisti, era composto normalmente da 2 trombe, 1 corno, 2 tromboni, 1 basso Tuba a cui si aggiunse anche un percussionista.
I primi fondatori furono l’attuale Maestro della Banda Vittorio Alberti sostenuto dai fratelli Gian Paolo e Guerrino rispettivamente con trombone, corno e trombone.
Completarono il gruppo Angelo Miclini e Aureliano Bettoni alle trombe, Mariano Ducoli al 2° trombone ed Enrico Abondio al basso tuba.
In seguito fecero parte del gruppo anche Anna Bonfadini al corno, Guido Poni al basso tuba, Danilo Alberti al trombone, Lorenzo Petenzi e Vittoria Vitali alla tromba ed anche la percussionista Carmen Pennati.
63 Il gruppo Majorettes di Darfo Boario Terme
LibroInizialmente il gruppo era formato da 12 ragazze allenate da Emanuela Minini che aveva avuto una esperienza in terra svizzera nella città di Bellinzona.
Contemporaneamente all’interno della Banda venne addestrato da Claudio Chiudinelli un gruppo di percussionisti formato da 5 tamburellisti e da 3 suonatrici di tamburo Basco. Questo gruppo, che fu posto fra la Banda e le Majorettes, aveva il compito di accompagnare ritmicamente il passo e gli spostamenti coreografici tra una esibizione ginnica e l’altra.
A sostituirla venne chiamata l’insegnante di educazione fisica Annamaria Amoruso che dopo alcune titubanze iniziali si immerse con passione nel suo nuovo compito.
Sotto la sua direzione il gruppo aumentò di numero e la qualità delle coreografie migliorò ulteriormente.
L’Amoruso scelse le sue nuove leve, fra le sue migliori allieve di scuola media in possesso di qualità ginnico‑ritmiche, qualità indispensabili insieme ad una buona padronanza della tecnica “Twirling” (saper muovere i bastoncini facendoli roteare) per ottenere delle armoniose ed aggraziate evoluzioni coreografiche.
Il gruppo Majorettes dopo un anno fu quasi totalmente rinnovato e raggiunse il ragguardevole organico di 60 elementi.
Si intensificarono da quel momento le uscite nella nostra città, nei centri vicini ed anche in località fuori provincia (Paderno d’Adda 6‑6‑’82), ed ogni esibizione richiamò un folto pubblico che non lesinò scroscianti applausi alle sfilate e agli spettacoli che si tennero negli stadi e al centro delle piazze.
Anche l’Amministrazione Comunale dopo il successo delle sfilate e dopo le lusinghiere cronache riportate sui giornali della provincia, stanziò un finanziamento per l’acquisto della divisa che fino a quel momento consisteva in un body rosa adornato da una piccola gonnellina, inoltre concesse l’utilizzo di una palestra per gli allenamenti delle ragazze che nel frattempo vennero iscritte ufficialmente alla Federazione Italiana Majorettes.
Sfilata sul vecchio ponte fra Darfo e Corna
Problemi finanziari: innanzitutto il rinnovamento delle divise dovuto all’usura delle precedenti, ed ad un ricambio generazionale costante, poi il noleggio di un pulmann per il trasporto delle ragazze in occasione delle uscite fuori sede, la necessità inoltre di dare un compenso anche se modesto all’insegnante ecc. Per i dirigenti far quadrare i conti diventò un’impresa difficile anche per il mancato coinvolgimento di un imprenditore locale che sponsorizzasse il gruppo Majorettes.
Le difficoltà non furono solamente finanziarie, infatti, soprattutto per le manifestazioni estive, veniva sempre a mancare un grosso numero di ragazze che per ovvie ragioni (molte erano in vacanza con le proprie famiglie, ed altre erano occupate come stagionali negli alberghi della nostra località turistica), non potevano essere sempre presenti.
Nonostante questi problemi i dirigenti non si persero d’animo ed aiutati da alcuni genitori delle ragazze (i sig. Ghirardelli, Ceresa, Pezzotti e le signore Ferrari e Zeziola), continuarono a lavorare per il miglioramento del gruppo ed a risolvere i problemi che inevitabilmente venivano a sorgere.
La mancanza cronica delle ragazze nei periodi più adatti per le esibizioni all’aperto e la rotazione nelle presenze, non permetteva di effettuare tutto il repertorio coreografico insegnato pazientemente dalla Professoressa Amoruso durante le stagioni fredde e per questo ai componenti della Banda veniva chiesto di suonare sempre e solamente alcune marce e motivetti allegri sulla cui base si esibivano le decimate Majorettes.
Per queste ragioni un notevole malcontento cominciò a serpeggiare fra i musicanti che oltre agli impegni tradizionali della Banda, dovevano aggiungerne molti altri e per di più senza una minima soddisfazione musicale, costretti com’erano ad eseguire ripetitivamente dei motivetti banali.
Il consiglio direttivo della Banda, per fermare le dimissioni che ormai si moltiplicavano nelle fila dei giovani strumentisti (fra gli altri vi fu anche l’addestratore del gruppo tamburi), per i motivi prima descritti decise di registrare su nastro i motivi musicali che servivano come base durante gli spettacoli coreografici delle Majorettes negli stadi e nelle piazze.
Questo espediente consentì alla Banda di poter suonare dei propri pezzi di qualità fra una esibizione ginnica e l’altra, dando modo di prolungare lo spettacolo e consentire sia ai bandisti che alle ragazze di recuperare il fiato vicendevolmente.
I problemi annessi alla ripetitività delle esecuzioni non furono però risolti nelle sfilate, dove per ovvi motivi la Banda doveva suonare dal vivo, inoltre per la valida riuscita degli spettacoli aumentarono ulteriormente gli ingaggi e quindi gli impegni.
La nuova formula durò per una stagione fino al 1983, quando perdurando i problemi sia nel gruppo delle Majorettes che nella Banda, il Consiglio Direttivo di quest’ultima, dopo una vivace discussione al suo interno (con la maggioranza di membri che si faceva portavoce del malcontento dei musicanti), convocò i responsabili del gruppo Majorettes ed in una riunione molto sofferta espose i motivi per cui la banda auspicava non uno scioglimento, ma bensì un distacco delle associazioni, e dichiarò che il gruppo Majorettes era libero di continuare da solo, (come del resto facevano e fanno già altri gruppi simili accompagnati da una base musicale registrata); oppure di aggregarsi ad un’altra banda disponibile.
I Consiglieri, spiegarono inoltre che non potevano rinunciare ulteriormente ad un rinnovamento del repertorio per potersi imporre al proprio pubblico con brani di qualità; brani che avrebbero anche dovuto ottenere lo scopo di un rinnovato impegno del singolo strumentista su basi culturali, e non più di evasione e di soddisfazione soltanto per il pubblico che assisteva allo spettacolo delle Majorettes.
Fine questo che puntualmente si conseguì negli anni successivi apportando uno sviluppo sia quantitativo che qualitativo nei componenti della Banda.
I dirigenti delle Majorettes nonostante le possibilità lasciate loro dal consiglio della Banda non ebbero la volontà di continuare separatamente ed il proprio gruppo venne così sciolto alla fine del 1983.
Di quella pluriennale esperienza, oltre al rammarico del Presidente Chini e del segretario Salvetti di non aver potuto evitare lo scioglimento, rimasero alla Banda alcuni dei percussionisti che accompagnavano le Majorettes, che si perfezionarono ulteriormente e diedero vita ad uno fra i reparti più completi, consentendo esecuzioni che oggi si possono avvalere oltre che dei tradizionali gran cassa, tamburello e piatti, anche di batteria, timpani, vibrafono, gong, xilofono, campane tubolari e di piccoli strumenti come maracas, nacchere, guiros, ecc. che arricchiscono ulteriormente la già nutrita gamma di timbri sonori della nostra Banda.
62 1978 90° (sempre presunto) anniversario
LibroDARFO: I 90 ANNI DELLA BANDA
Il gesto del primo cittadino, sottolineato da applausi, è stato accompagnato con parole di incoraggiamento a continuare l’attività musicale dalle così lunghe tradizioni, e che, fra l’altro, serve di esempio ai giovani e li esorta ad applicarsi in questa importante branca culturale.
Dopo aver sfilato per le vie della città, fra gli applausi dei cittadini, musicanti, autorità e popolazione hanno assistito ad un rito celebrativo in ricordo dei colleghi defunti, nella chiesa di Santa Maria in Darfo.
La manifestazione si è conclusa con un pranzo sociale all’albergo Vapore.
Nel corso dell’allegro convivio, come di consueto, non sono mancati i brevi discorsi di circostanza, fra i quali quello del presidente dei sodalizio musicale, Giovanni Chini, con frasi di incitamento; dei direttore del complesso, cav. Abramo Albrici, di Vilminore di Scalve, che ha, fra l’altro, espresso parole di plauso ai più anziani musicanti che sono suoi collaboratori anche nelle ore serali di scuola, nonché ai dirigenti dei sodalizio musicale per la fattiva collaborazione; del Maestro Antonio Raco rappresentante provinciale dell’A.N.B.I.M.A.. il quale è stato promotore e direttore di corsi di orientamento musicale statali, specie qui a Darfo, da dove sono uscite le nuove leve, sia ragazze che giovani, che alimentano i complessi musicali in sostituzione dei musicanti che per ragioni di età debbono lasciare.
E a proposito degli anziani, l’occasione della ricorrenza è servita a distribuire diplomi cosidetti di presenza ai seguenti musicanti anziani: Giovanni Abondio (con ben 56 anni di attività di musicante), Luigi Tedeschi (45), Giacomo Pedersoli (42), Dante Pellegrinelli (33), Battista Franzini (32), Gianni Salvetti (27), Giovanni Broggi (25), Mino Pedersoli (25).
Una targa ricordo alla memoria è stata consegnata al geometra Antonio, figlio dell’indimenticabile Rag. Pietro Ducoli, per i tre lustri di carica di valente ed appassionato Presidente della Banda musicale locale.