L’arte, sottoforma di sculture e graffiti, appartiene al genere umano sin da tempi remoti. Ne sono una testimonianza le numerose pitture rupestri scoperte nel deserto del Tassili, in Algeria, o quelle ritrovate in Francia, nella celebre grotta di Lascaux, nella valle della Vézère. Ma l’uomo preistorico sembra che si esprimesse attraverso un’altra forma artistica: la musica. Un gruppo di archeologi tedeschi ha infatti rinvenuto nel corso di alcuni scavi condotti sui monti del Jura, nel sud-ovest della Germania, un flauto databile oltre 30 mila anni or sono. Si tratta di uno degli strumenti musicali più antichi sinora ritrovati. La scoperta - i cui dettagli sono stati pubblicati sulla rivista Archäologisches Korrespondenzblatt - è resa ancor più interessante, in quanto è stato costruito utilizzando l’avorio, ovvero il materiale più prezioso disponibile durante il Paleolitico Superiore, epoca alla quale risale il reperto. Il flauto è stato inciso dalla zanna di un mammut e, secondo Nicholas Conard, archeologo dell’Università tedesca di Tubinga che ha diretto la ricerca, la scelta dell’avorio indica chiaramente come la musica avesse un’alta considerazione all’interno delle comunità di Homo sapiens che popolavano la Germania meridionale. L’archeologo Friedrich Seeberger si è occupato della ricostruzione del prezioso strumento, unendo tra loro in modo certosino trentun frammenti. In origine, il flauto doveva essere formato da due differenti metà, tenute insieme da una resistente resina di betulla e, secondo Seeberger, era in grado di diffondere melodie sofisticate, oltre che un’ampia varietà di suoni. Le tonalità che produceva riflettevano la scala pentatonica. Ciò dimostra anche la notevole abilità artigianale dell’antesignano dell’uomo moderno. Capacità confermate anche da altri ritrovamenti, come figure stilizzate e ornamenti. Prima che questo raro strumento musicale possa essere esposto in un museo, i ricercatori dovranno decifrarne l’esatta funzione, se cioè l’espressione musicale era associata a finalità religioso-rituali. Negli antri dei monti del Jura sono stati recuperati altri due flauti, però più piccoli e intagliati utilizzando ossa di cigno. Dal punto di vista archeologico, appaiono meno rilevanti. Eppure, rafforzano l’idea che la scoperta della musica da parte del genere umano sia molto più remota di quanto si pensasse. L’evoluzione umana - dall’Homo habilis sino all’Homo sapiens sapiens - è stata accompagnata anche dal bisogno di esprimere la creatività, non solo tecnica, ma anche artistica. La musica, per i vari popoli che si sono alternati nel corso della storia, ha rappresentato un aspetto non secondario di cerimonie e di particolari eventi sociali. E le sette note diffuse dai vari strumenti musicali continuano a essere parte integrante del percorso esistenziale dell’uomo.
SOLUZIONE
L’arte, sottoforma di sculture e graffiti, appartiene al genere umano sin da tempi remoti. Ne sono una testimonianza le numerose pitture rupestri scoperte nel deserto del Tassili, in Algeria, o quelle ritrovate in Francia, nella celebre grotta di Lascaux, nella valle della Vézère. Ma l’uomo preistorico sembra che si esprimesse attraverso un’altra forma artistica: la musica. Un gruppo di archeologi tedeschi ha infatti rinvenuto nel corso di alcuni scavi condotti sui monti del Jura, nel sud-ovest della Germania, un flauto databile oltre 30 mila anni or sono. Si tratta di uno degli strumenti musicali più antichi sinora ritrovati. La scoperta - i cui dettagli sono stati pubblicati sulla rivista Archäologisches Korrespondenzblatt - è resa ancor più interessante, in quanto è stato costruito utilizzando l’avorio, ovvero il materiale più prezioso disponibile durante il Paleolitico Superiore, epoca alla quale risale il reperto. Il flauto è stato inciso dalla zanna di un mammut e, secondo Nicholas Conard, archeologo dell’Università tedesca di Tubinga che ha diretto la ricerca, la scelta dell’avorio indica chiaramente come la musica avesse un’alta considerazione all’interno delle comunità di Homo sapiens che popolavano la Germania meridionale.
L’archeologo Friedrich Seeberger si è occupato della ricostruzione del prezioso strumento, unendo tra loro in modo certosino trentun frammenti. In origine, il flauto doveva essere formato da due differenti metà, tenute insieme da una resistente resina di betulla e, secondo Seeberger, era in grado di diffondere melodie sofisticate, oltre che un’ampia varietà di suoni. Le tonalità che produceva riflettevano la scala pentatonica. Ciò dimostra anche la notevole abilità artigianale dell’antesignano dell’uomo moderno. Capacità confermate anche da altri ritrovamenti, come figure stilizzate e ornamenti. Prima che questo raro strumento musicale possa essere esposto in un museo, i ricercatori dovranno decifrarne l’esatta funzione, se cioè l’espressione musicale era associata a finalità religioso-rituali. Negli antri dei monti del Jura sono stati recuperati altri due flauti, però più piccoli e intagliati utilizzando ossa di cigno. Dal punto di vista archeologico, appaiono meno rilevanti. Eppure, rafforzano l’idea che la scoperta della musica da parte del genere umano sia molto più remota di quanto si pensasse. L’evoluzione umana - dall’Homo habilis sino all’Homo sapiens sapiens - è stata accompagnata anche dal bisogno di esprimere la creatività, non solo tecnica, ma anche artistica. La musica, per i vari popoli che si sono alternati nel corso della storia, ha rappresentato un aspetto non secondario di cerimonie e di particolari eventi sociali. E le sette note diffuse dai vari strumenti musicali continuano a essere parte integrante del percorso esistenziale dell’uomo.
ciao da saremo