Blog di Gong
La OMAVV in gita alla diga del Gleno
Inserito da Gong il 11 Agosto, 2008 - 19:17 giteSeconda scamapagnata montanara per la OMAVV.
Dopo quella sul Monte Guglielmo, i prodi e temerari (si fa per dire) omavvini si sono armati di scarponi e buona volontà ed hanno affrontato il sentiro N°410 che da Bueggio porta fino a quota 1500 m, alla terrificante visione della sagoma sventrata della diga che il 1° dicembre 1923 si squarciò scaricando 6 milioni di metri cubi di acqua che seminarono terrore e morte in Val di Scalve fino alla frazione di Corna di Darfo, in Val Camonica.
Ma come sempre, andiamo per ordine.
Partenza alle ore 8.30 dalla sede della Banda e arrivo a Bueggio, al "campo base" (l'accogliente casetta montana della famiglia di Attila), verso le 9.
Il tempo di arrivare tutti e di organizzarsi e partenza verso la meta.
Un sentiero di 500 m circa di dislivello, per la maggior parte all'ombra del bosco con una durata stimata di circa 1 ora (il sottoscritto ce n'ha tenuto 1 e mezza, naturalmente !!!!).
Il panorama è affascinante, la valletta in cui scende il torrente Povo è stretta, le pareti di roccia che scendono a strapiombo rendono suggestiva la passeggiata.
In alto, dove si chiude la valle, si può intravvedere la sagoma della diga, mentre alle spalle, dove la valle si apre sulla Val di Scalve, il paesino di Bueggio sembra che sia placidamente sdraiato a prendersi il sole, proprio sotto la splendida cornice del massiccio della Presolana con un "effetto cartolina" davvero eccezzionale.
Appena fuori dal bosco, al limite superiore della vegetazione, ecco comparire da dietro una curva l'inquietante sperone destro della diga, un "moncone" che non è altro che il preambolo all'impressionante visione che si aprirà di lì a poco ai viandanti.
Ancora un ultimo sforzo e la sagoma della diga compare alla vista in tutta la sua terrificante interezza.
Per chi giunge sino qui per la prima volta non può non rimanere a bocca aperta.
Il solo pensiero di cosa è successo in questo luogo quel fatidico 1 dicembre del 1923 fa venire la pelle d'oca.
L'immaginazione può solo cercare di ricostruire l'immane disastro.
poi lo sguardo corre, in maniera automatica, verso il fondo della valle, verso il paese, immaginando il percorso che quei 6 milioni di metri cubi di acqua e detriti hanno percorso e la distruzione che hanno fatto per decine di chilometri fino a placarsi 45 minuti dopo la rottura, nel lago d'Iseo.
Provo ad immaginarmi la scena, il rumore, la massa d'acqua, il vento dello spostamento d'aria provocato dall'impressionante mole di acqua, ma credo che questa volta la realtà sarà stata sicuramente ben più crudele e terribile di qualunque immaginazione.
Ma ancora provo a immaginare il resto della folle corsa di quella irrefrenabile marea di morte.
L'acqua che si incanala nel fiume Dezzo, le case poste sui fianche della stretta Val di Scalve spazzate via, l'agglomerato del paese Dezzo distrutto, solo qui ben 209 vittime, e poi ancora giù per la gola che sembra un canyon , alto e strettissimo , della valle prima dell'abitato di Angolo Terme, miracolosamente illeso , fino a Gorzone, dove i detriti formarono una diga artificiale che interrompe per breve tempo la discesa della grande onda.
Ma solo per breve tempo; quando la diga di detriti cedette di schianto, lo spostamento d'aria spazzo letteralmente via case uomini donne bambini del sottostante abitato di Corna.
L'arrivo dell'acqua, in un secondo momento, non fece altro che completare l'opera di tremenda distruzione della piena.
Ora l'acqua era incanalata nel fiume Oglio per proseguire la sua corsa, per fortuna ormai senza energia distruttrice, fino al lago d'Iseo.
Poi, non ti viene altro che restare lì', in silenzio; c'è chi gli viene spontanea una preghiera, altri scuotono la testa.
La visione ravvicinata dei ruderi mette in evidenza, anche agli occhi di un non esperto, le colpevoli carenze strutturali.
E assieme al ricordo a alla pietà per le vittime, si mescola anche un sentimento di rabbia.
Per chi vuol saperne di più ecco il link al bel sito dedicato a questo triste episodio.
Qaulche foto, e via sulla strada del ritorno.
Il tempo per la discesa, impegnativa quasi quanto la salità per le asperità del terreno, passa velocemente e il lritorno al "campo base" ci ritrova tutti con un buon umore ritrovato grazie al profumo della grigliata che alcuni saggi, anche se meno sportivi, componenti della Omavv avevano provveduto a preparare.
Per la verità, questo del "rancio", è un momento a cui i componenti della Omavv tengono particolarmente.
Costine di maiale, salamelle, ali di pollo, spiedini, due (dico due) polente, formaggi, salumi e un numero imprecisato di bottiglie e di lattine diventano lo "sfondo" della nostra cartolina montana.
Ripristinato il giusto tasso di lipidi, proteine e liquidi persi durante l'escursione, incomincia il momento del "relax".
C'è chi si sdraia fuori dalla casa, chi gioca a bocce, chi canta, chi suona, chi parlotta dei programmi futuri ...
Insomma, come si dice oggi, il momento "sciallo" della giornata.
Verso sera, un giretto nei dintorni, quel tanto che basta per preparare lo stomaco alla cena, una visita al vicino caseificio di Vilmaggiore per l'acquisto degli ottimi formaggi della zona, e poi ..... serve dirlo ?? .... di nuovo a tavola.
La giornata si conclude nel migliore dei modi con tanta allegria e coi festeggiamenti del compleanno del nostro clarinettista e con l'apertura di spumanti vari.
Poi, stanchi ma contenti, si risale in macchina per il ritorno a casa (per quanto mi riguarda, con alla guida la moglie ....) .
Alla prossima ....
16 giugno ??
Inserito da Gong il 16 Giugno, 2008 - 12:01 meteoIeri sera sono arrivato a casa verso le 20.
Pioveva e c'era una nebbia bassa.
I fari della macchina, davanti al cancello, illuminavano un grosso rivolo d'acqua che scendeva dal vialetto di accesso.
Sono entrato in casa e ho acceso la stufa, dove, nel forno, ho fatto scaldare il pane di sabato, tutto gommoso e umidiccio.
Mi sono poi buttato sul divano a guardare un attimo di televisione con le gambe ed i piedi coperti da un plaid.
Mi sono versato un goccio di grappa e poi sono andato a letto, infilato sotto la coperta, fino al collo.
Mi sono addormentato al soporifero suono della pioggia che picchiettava insistente sulla tettoia della serra nel giardino.
Questa mattina, appena fuori dal letto, ho aperto l'acqua calda per darmi la solita lavata di rito.
Una tazza di the caldo, e via, come al solito.
Appena fuori dal cancello di casa, accendo i tergicristalli ed i fari.
Le nuvole basse e fitte nascondono i fianchi della valle, da alcuni comignoli esce un filo di fumo che si disperde nel grigio scuro disteso sopra i tetti.
Prima di avviarmi guardo il termometro dell'auto : 10 gradi.
Nell'avviarmi mi viene in mente che in banda, il Consiglio non ci ha ancora ragguagliato sulle modalità e gli orari per il servizio del 4 novembre; giaccone impermeabile e scarpe nere, di sicuro.
Non abbiamo ancora ripassato "Il Grappa" ed "Il Piave", probabilmente lo faremo venerdì.
Accendo la radio : .... "... dai giornali di oggi, 16 giugno, la notizia che ricorre ......" ....
Un momento ! 16 Giugno ??
E' una replica ? Oppure ho imparato inconsciamente a viaggiare nel tempo ?
.... 16 giugno .... mi dev'essere sfuggito qualcosa ....
Un ultimo saluto ad un vecchio amico
Inserito da Gong il 12 Dicembre, 2007 - 21:48 amiciziaCose allegre, bizzarre, strane, tristi, cose che comunque lasciano un segno.
Come ai pianeti o agli astri che nel loro cammino celste incontrano o passano nelle vicinanza di altri corpi, succede di essere deviati dall'immensa ma invisibile forza della gravità, allontanandosi dalla loro traiettoria per trovarsi nel futuro ad una distanza immensamente lontana dal punto verso cui si dirigevano, così succede nella vita di fare incontri che ti fanno cambiare la traiettoria del percorso del tuo destino.
Ad ognuno di noi è successo.
Oggi uno di questi momenti mi è ritornato alla mente ma è con tanta tristezza che ve ne voglio parlare.
Ma lo voglio fare qui, in questa sede, perchè mi sembra giusto e perchè ne sento il bisogno.
Mi perdonerete questo momento di triste riflessione che voglio condividere con voi.
Poco fa ho ricevuto la notiza che questa mattina Raffaele è morto.
Probabilmente in banda lo conoscevamo in pochi.
Io personalmente l'ho incontrato sul mio cammino quando ero bambino, abitavo in Liguria allora, e lui era ricoverato per una lunga degenza dovuta ad una rara malattia in un grosso ospedale nelle mie vicinanze.
Era un parente del mio paese natale, Darfo, ed era poco più che bambino anche lui.
I miei genitori mi portavano giustamente a trovarlo, per non farlo sentire proprio solo e lontano dal suo paese, ed abbiamo fatto un pò di amicizia.
Poi la sua situazione è migliorata e ci siamo persi di vista fino al mio ritorno a Darfo all'età di 12 anni.
E ci siamo rivisti.
Tre anni prima mi ero trasferito in Toscana dove un illuminato professore di musica, alle medie, mi aveva usato come cavia per i suoi esperimenti di educazione musicale con il flauto dolce (sto parlando del 1971).
Il primo argomento che abbiamo affrontato al nostro re-incontro a Darfo è stato la musica.
Guarda a volte la fatalità, lui, in quegli anni, aveva imparato a suonare il flauto (traverso) nella banda.
Non so se vi è mai capitato da adolescenti di trovarvi completamente in un altro ambiente, senza amici e senza sapere cosa fare.
Appena mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto suonare nella banda gli ho risposto subito di si per tre volte di fila.
Credo sia probabile che se non avessi mai incontrato Raffele, se la sua malattia non lo avesse portato casualmente nell'orbita della mia vita , sarebbe potuto anche accadere che al sottoscritto, oggi, di bande musicali, non gliene importerebbe un fico secco.
Invece con lui ho frequentato i corsi dell'ANBIMA, al suo fianco ho partecipato, con in mano il sax soprano, alla mia prima prova in banda, nel locale caldaie della vecchia, abbandonata e oramai in rovina scuola elementare vicino al ponte di Darfo.
Siamo diventati grandi amici.
Andavo spessissimo a trovarlo a casa sua.
Ascoltavamo dischi, suonavamo insieme, abbiamo anche fatto, come solisti al flauto dolce, alcuni concerti con il chitarrista Pedersoli e li ho ancora tutti marchiati a fuoco nel cervello.
Abbiamo messo su con altri amici un complessino con cui andavamo in giro a suonare per la Valle Camonica a feste e sagre (una volta ha suonato anche il Vittorio con noi), abbiamo fatto anche un mese di serate in un albergo a Boario.
Quanto ci divertivamo, la musica era la nostra passione.
Poi la rottura con la banda.
Il lavoro via.
Ci siamo persi di vista.
Ogni tanto ci incontravamo e ci raccontavamo alcuni episodi della nostra giovinezza, tempo fa mi ha raccontato di aver imparato a suonare il sax.
L'ultima volta qualche mese fa; adesso faceva il fotografo.
Stamattina presto ha deciso di lasciare questo mondo.
Ciao, arrivederci, Raffaele.
In gita colla OMAVV
Inserito da Gong il 25 Agosto, 2007 - 14:18 viaggiDomenica 19 agosto (2007) la OMAVV si è permessa il lusso di fare la sua prima gita ufficiale.
Più che gita direi una scampagnata, anzi, una smontagnata, con tanto di ascensione in vetta al Monte Guglielmo (1948 m s.l.m., robetta facile, in teoria), ma solo per quelli che avevano il fisico (meno della metà).
Gli altri si sono goduti comunque una riposante giornata in mezzo ad un incantevole paesaggio alpino.
Nota importante : le foto non le ho fatte io ma perlopiù il Calvo. Fate sostare il puntatore del mouse sulle foto per un attimo per vedere la didascalia.
Ma, come sempre, andiamo con ordine.
Presa alcuni giorni prima la decisione durante una prova, i baldi componenti della OMAVV, Nicola (basso tuba, detto Nikcader), Armida (euphonium), Giorgio (troma, detto Attila) con relativa consorte Elena, Massimo (tromba, detto Storm) con relativa fidanzata Naomi (clarinettista della banda di Casazza), Daniele (Clarinetto, detto Il Calvo), Lorena (clarinetto nonchè consorte del Calvo), io (percussioni, detto Gong) con relativa consorte Angela, e con la sola eccezzione di Davide (trombone, detto Shait), purtroppo impegnato, si sono trovati a Pisogne al fantasmagorico orario, almeno per la media di chi va in montagna, delle 09.15 , nonostante le previsioni meteorologiche pessimistiche del pomeriggio.
Roba da meritarsi un richiamo ufficiale dal C.A.I. .
Da Pisogne, la bella cittadina sulla punta nord del lago d'Iseo, 45 minuti di auto per salire in quota fino a Passabocche, dove, zaini in spalla, abbiamo imboccato una bella strada nel bosco di conifere e faggi verso il rifugio Medelet, a 1566 metri s.l.m.
Il rifugio è gestito da volontari dell'Operazione Mato Grosso e tutti i proventi della gestione vengono devoluti a Don Ugo De Censi, a Chacas in Perù, il fondatore appunto dell'O.M.G.
Mezz'ora di cammino ed ecco apparire il rifugio adagiato su un largo spazio erboso, a cavallo tra la Vallecamonica e la Valtrompia.
In effetti, con pochi minuti di cammino dal rifugio è possibile portarsi in una zona panoramica da dove, con lo sguardo, si può spaziare fino al Colle di S.Zeno, gli impianti di Monte Campione, il Passo del Maniva, il paese di Pessoro e un panorama stupendo sulle attrezzate e numerose malghe di questa zona della Valtrompia.
Qui il gruppo si divide in due, quattro di noi decidono di godersi il panorama sul posto mentre gli altri sei decidono di affrontare la salita fino alla cresta che porta in vetta al monte Guglielmo.
Tempo previsto : 1 ora e 45 minuti.
Due dei sei eroi (io e mia moglie) dopo poco più di 30 minuti di cammino su un sentiero ripido e molto sdrucciolevole a causa delle recenti piogge, dopo aver fatto tristi elucubrazioni sul tempo che stava peggiorando (e aver sputato anche l'anima), decidono di raggiungere i quattro saggi che intanto, al rifugio, si stavano tranquillamente rifocillando.
Il pasto del mezzogiorno, nonostante le pessimistiche previsioni, si è tranquillamente consumato sotto un bel sole caldo.
Diversa la situazione in vetta al Guglielmo per gli altri quattro temerari, che speranzosi di vedere lo splendido panorama sul Lago di Iseo che si può ammirare dalla vetta, non hanno altro che potuto farsi fotografie tra di loro con alle spalle solo .... nuvole e nebbie.
Ma tant'è, la fame c'era lo stesso, la pioggia restava attaccata alle nuvole, e così, i quattro, hanno consumato la loro “razione K” davanti al bel monumento del Redentore posto sulla cima.
Nel pomeriggio il cielo si è schiarito, come si sa, la fortuna aiuta gli audaci, e tutto il gruppo, riunitosi al rifugio Medelet, ha passato il pomeriggio chiacchierando, giocando a carte, ridendo e scherzando.
Non è mancato anche chi si è fatto un breve pisolino crogiolandosi al sole, senza mettersi in costume però, vista la temperatura non proprio invogliante.
Io e mia moglie, umiliati dal fallimento dell'ascesa al Guglielmo, abbiamo fatto, per compensare, una mezzora a piedi (su un sentiero piano) tra le malghe vicine con tanto di mucche al pascolo, fino al versante della Valtrompia, godendoci uno stupendo panorama con tanto di descrizione geologica e toponimi locali grazie all'intervento di un escursionista che passava di lì, molto esperto dei luoghi e anche molto gentile.
Il pomeriggio versava al termine (anche le bottiglie di vino erano ormai state “versate al termine”).
Delle scure nubi si stavano addensando sul lago, a est, e dopo una merenda con i formaggi che il Calvo aveva, conoscendo i suoi polli, portato per tutti e dopo le rituali foto di gruppo, ci siamo avviati verso valle, in mezzo al bosco, sulla via del ritorno.
Una giornata rilassante, se non per le gambe, decisamente per lo spirito, come del resto è normale quando si percorrono i sentieri delle nostre bellissime montagne bresciane.
E quando si cammina in mezzo ai loro boschi, pascoli, rocce e laghetti alpini, con gli amici, in allegria, sembrano ancora più belle.
Arrivederci alla prossima gita, magari sulla neve, con gli sci o le slitte, con qualche vestito in più addosso ma con la stessa grande dose di amicizia e allegria.
Tre giorni a STAFFOLO
Inserito da Gong il 11 Agosto, 2007 - 12:21 gemellaggi | viaggiSe dovevo buttarmi in questo mondo tanto gettonato oggi da tutti gli internauti, tanto valeva farlo con un argomento degno di nota.
Si vada dunque ad incominciare.
Udite udite (che sarebbe: leggete leggete) popolo della rete, le impavide gesta del prode percussionista Gong, accompagnato dal fido compagno d'armi Messer Vittorio Albertibus da Corna e relative consorti, nella straordinaria avventura che andrò testé a narrarvi e che chiameremo :
TRE GIORNI A STAFFOLO
La narrazione è accompagnata da fotografie sulle quali potrete fermare per un secondo il puntatore del mouse per far apparire una descrizione della situazione o del luogo inquadrato.
Un'altra nota importante è che Staffolo si pronuncia con l'accento sulla A .
Ultima nota, per leggere questo blog, o lo fate a puntate, oppure prendetevi un'ora di ferie.
Molte altre foto le potrete trovare sul sito della Banda di Staffolo in questa pagina.
Ma andiamo per ordine.
Per quei pochi che ancora non lo sapessero, l'incontro tra la banda di Darfo e quella di Staffolo è avvenuta qualche mese fa in modo del tutto casuale.
Scandagliando la grande rete in cerca di validi siti di bande musicali da linkare sul nostro, mi sono imbattuto nel sito della banda di Staffolo che, dopo poche pagine, mi ha colpito non poco.
Era il periodo in cui la nostra banda stava affrontando una crisi sulla “movimentazione” dei propri musicanti.
Dopo le gloriose trasferte fatte in Europa e in Italia, sembrava che la Banda di Darfo non potesse più, di colpo, fare servizi che durassero più di tre ore per l'inderogabile impossibilità di lasciare il proprio paesello per oltre la metà dei suoi componenti.
La Banda di Staffolo, invece, poteva vantare un'intera pagina del sito di trasferte e di molteplici gemellaggi con bande italiane ed estere.
Quello di viaggiare sembrava fosse il loro passatempo abituale.
Ho subito colto l'occasione per avviare il dibattito sul nostro sito citando, appunto, il sito della banda di Staffolo e le loro numerose tournée.
Poi una cosa tira l'altra; un intervento nel forum di là, un commento nel forum di qua, un 'E-mail per avere più notizie di là, una telefonata per conoscersi di qua, e ci siamo trovati ad essere invitati, come banda, a Staffolo per la festa della Musica di fine luglio 2007.
Siccome la “sindrome di immobilismo” acuta che ancora attanagliava la banda di Darfo non ha permesso un incontro delle due bande “dal vivo”, io e il Mo. Vittorio abbiamo colto l'occasione per recarci, a livello di rappresentanza, nella bella cittadina delle Marche, proprio in occasione della “tre giorni” di festa.
Ormai era deciso.
La “vecchia Betsy” (che non è mia moglie ma la mia fida Seat Leon), una settimana prima della partenza aveva passato il suo ennesimo tagliando, con tanto di cambio olio, filtri e pastiglie dei freni.
Ma non funzionava più il condizionatore.
Come affrontare un viaggio di circa 600 Km verso sud con un clima di 37° C di media all'ombra ?
Due giorni prima della partenza ero d'accordo con il meccanico per il cambio del tubo del gas del condizionatore (bucato). La stessa mattina la vecchia Betsy decide di non partire per nessuna ragione al mondo; capricci dell'età ? Voglia di prepensionamento ? Mah !
Era una ragione più semplice: la batteria aveva deciso di scoppiare proprio quel giorno.
Va beh ! Meglio prima che dopo.
Due giorni dopo, venerdì 23 Luglio, alle ore 05.00, i prodi eroi partono per il loro temerario viaggio.
Temerarietà per temerarietà, tanto valeva osare il tutto per tutto: niente autostrada per evitare il famigerato nodo di Bologna e ci siamo diretti verso sud-est addentrandoci come impavidi esploratori nella sconfinata Pianura Padana, tra la Via Emilia e il west, in un dedalo di strade statali, provinciali, comunali, incroci, rotonde, semafori e chi più ne ha più ne metta.
Da Mantova abbiamo proseguito per Ferrara seguendo la sponda sinistra del grande Po.
Prima di Ferrara eravamo già dispersi.
La cosa curiosa è che ci siamo trovati oltre il Po senza che nessuno dei quattro sventurati viaggiatori si fosse accorto di averlo attraversato.
Lo stupore di tutti è pienamente legittimo, io stesso stento ancora a crederlo ma è andata proprio così e non so proprio come possa essere successo.
Ritrovata la retta via ci siamo diretti verso Ravenna.
Prima di Ravenna eravamo ancora allo sbando.
Ci sentivamo come dei cammelli in mezzo ai ghiacci dell'Antartico (o, forse è più appropriato, come dei pinguini nel Sahara).
Ma ormai Bologna era passata e la A14 era ad un tiro di schioppo.
Quindi fino a Senigallia tutto bene, poi trenta Km verso l'entroterra ed eccoci arrivati (alle ore 12,00 in punto) ad Arcevia, stupenda cittadina medioevale dove abitano due carissimi amici che ho rivisto con piacere.
Rifocillati e riposati siamo partiti nel pomeriggio verso Staffolo, un'altra trentina di Km verso sud, passando naturalmente nell'entroterra, tra le dolci colline interamente coltivate, immersi nello stupendo panorama che offre questa bellissima regione.
Strade praticamente semi-deserte, in un continuo saliscendi, di curve e controcurve, dietro ognuna delle quali trovi colori e scorci paesaggistici differenti.
Strade che possono essere definite come “il paradiso dei motociclisti” e nel contempo “l'inferno di chi sta male in macchina”.
Ma ne l'uno ne l'altro era il nostro caso.
Una telefonata a Damiano (il presidente della banda) per avere indicazioni sulla strada corretta per giungere al nostro albergo, e poi via, dritti verso Staffolo.
Il “dritti” era una metafora.
Naturalmente abbiamo fatto una strada completamente diversa.
Siamo giunti in paese, anziché da sud-est, da nord-ovest, ma ormai il nostro stile di viaggio era quello.
Al primo colpo d'occhio, questo borgo medievale (circa 2500 anime) ci ha colpito subito.
Staffolo è situato su un dorso di una formazione collinare a mt. 442 slm.
Per la sua posizione con un panorama a 360° che spazia dalla valle del fiume Esino a quella del Musone è anche denominato balcone della Vallesina.
A nord lo sguardo giunge fino al mare Adriatico e a sud la corona dei monti è dominata dalla singolare sagoma del Monte S. Vicino.
Una delle caratteristiche tipiche degli antichi paesi della zona è di essere costruiti di preferenza in cima alle colline più alte, il nucleo del borgo sulla sommità contornato da una cinta muraria con tanto di bastioni.
Staffolo rispetta questa tradizione, dovuta forse ad una strategia di difesa dagli attacchi frequenti nel medioevo dei Mori o dei vari cavalieri di ventura con le loro bande (non musicali, in questo caso) di sbandati, sempre in cerca di paesi da saccheggiare.
Mura efficaci durante molti assedi, visto che Staffolo, città ambita e importante nella storia, è stata presa di mira parecchie volte da avventurieri o signorotti delle varie “marche” confinanti, ma che a volte hanno dovuto cedere di fronte ad assalti come quello di un certo Fra Moriale, nel 1345, che una volta impossessatosi del paese, non se ne andò di lì finché non ebbe bevuto con la sua congrega tutto il verdicchio depositato nelle cantine del borgo.
Per ulteriori cenni storici vi rimando a questa pagina del sito del comune oppure a questa , dedicata al verdicchio dei Castelli di Jesi.
Infatti Staffolo è una delle capitali del verdicchio.
Tra le varie ipotesi dell'origine del nome del paese c'è in effetti anche quella che secondo una certa favolistica, a dare vita a questo centro collinare sarebbe stato Staphilo, figlio di Arianna e di Teseo, che scoprì l'uva e inventò il vino e Staphilo, in greco, significa appunto “grappolo d'uva”.
Vero o non vero, di certo è che la tradizione di fare un vino d'eccellenza (pluripremiato anche a livello internazionale) dalle vigne che circondano il colle è una cosa che risale a tempi antichissimi e il piccolo museo del vino che è in allestimento all'interno delle mura del paese, con enoteca annessa, ne vuol portare testimonianza.
Ma torniamo alla nostra avventura.
Trovato, dopo vario girovagare nei dintorni, il nostro hotel e depositati i bagagli, ci siamo recati nel centro storico dove abbiamo finalmente conosciuto Damiano.
Da subito ha mostrato la sua esuberante dinamicità.
É un personaggio davvero simpatico, pochi fronzoli e tanta praticità, un tipo che tante bande venderebbero l'intera sezione dei clarinetti al diavolo per averne uno così.
Ci ha accompagnato nell'attraversare il centro storico fino alla sede della banda, dove i musicanti si stavano già preparando per la sfilata che sarebbe iniziata lì a poco.
Ci siamo portati poi, sulla piazzetta fuori da una delle porte di ingresso delle mura, dove, come da programma sarebbero giunte le bande di Staffolo e la Agrupacion Musical de Alfara del Patriarca, una cittadina vicino a Valencia.
All'arrivo delle due bande, il Vittorio subisce la prima folgorazione :
la banda di Alfara sfila con il fagotto (e per fagotto intendo proprio lo strumento musicale).
Una banda davvero in veste “casual”, quella spagnola.
Maglietta e blu-jeans e niente inquadramento ne passo (più o meno come noi, a parte la divisa).
Più gagliarda e nella tradizione ( a parte la vivace divisa con camicia gialla e pantaloni bianchi) la banda di Staffolo, che si è riunita alla spagnola nella piazzetta per allietare con diversi brani il pubblico presente.
Poi tutti dentro al borgo antico dove la festa è continuata con altri brani.
Lo spettacolo pomeridiano era finito e noi ci siamo fermati nell'accogliente piazzetta dove erano allestiti gli stand della stuzzicheria.
Inutile dire che ne abbiamo aprofittato.
Panino con porchetta, olive all'ascolana (davvero ottime) e (come poteva essere altrimenti) una bottiglia di verdicchio.
Lo nostro spirito era ormai entrato in sintonia coll'atmosfera di festa musicale e così ci siamo accomodati nella piazza limitrofa dove era tutto pronto per il concerto del venerdì sera.
In programma il concerto del “Duo Nataloni” per pianoforte, marimba e xilofono.
Due giovani ragazzi eccezzionali, fratello e sorella, che ci hanno entusiasmato con la loro bravura.
L'ambiente, tra le antiche mura, assolutamente privo di rumori molesti (traffico inesistente), con un pubblico attento, ha contribuito non poco alla piacevolezza dell'ascolto di un repertorio decisamente interessante.
Ci ha colpito la grande intesa ritmica dei due musicisti e la grande tecnica del percussionista, non solo per la capacità di eseguire senza sforzo apparente anche passaggi difficilissimi ma soprattutto per la sensibilità del tocco, con una capacità di dosare i volumi e di far risaltare le sfumature espressive della partitura davvero notevole.
Davvero complimenti, un concerto che ci ha ristorato delle fatiche del viaggio.
La mattina dopo abbiamo fatto una puntata a Cingoli, una cittadina nelle vicinanze.
Se Staffolo è chiamato il “balcone della Vallesina”, Cingoli si onora di essere il “balcone delle Marche”.
Una cittadina davvero tranquilla da cui si gode di un panorama che spazia dalle prime alture dell'entroterra marchigiano fin sulla piana (si fa per dire, visto che sono tutte colline) fino alla riva del mare, dove si staglia, isolato, il Monte Conero.
Si dice che da Cingoli, in giornate di limpidezza atmosferica, si possa vedere la costa della Croazia.
Un'altra caratteristica di Cingoli sono le numerose chiese che si possono incontrare dietro ad ogni angolo di strada.
Ritorno a Staffolo per le 11,00 dove, con una semplice cerimonia nella sala consigliare del Comune, il Sindaco ha salutato la banda spagnola con il tradizionale scambio di doni.
Dopo di chè Damiano ci ha accompagnato per le strette e suggestive vie del borgo antico fino all'enoteca, dove abbiamo assaggiato del buonissimo vino di produzione locale (verdicchio, rosso conero e rosso piceno) e piacevolmente conversato con alcuni simpatici musicanti della banda spagnola (se non ci credete chiedetelo al Vittorio, ci capivamo benissimo, abbiamo anche scoperto che in spagnolo alcune frasi si dicono esattamente come nel nostro dialetto, quindi parlavamo in dialetto per farci capire meglio).
Prima di pranzo, un bandista di Staffolo ci ha accompagnato in una breve visita in una cantina locale dove abbiamo anche preso il “vino tinto” come lo chiamano in spagna (vino rosso) che sarebbe stato poi utilizzato dagli spagnoli per fare la “sangria” la sera dopo (dimenticavo, la sera prima, gli attivissimi spagnoli avevano cucinato per tutti la “paella alla valenciana” con la tradizionale padella portata da loro).
Abbiamo poi favorito ad un gustosissimo pranzo con tutta la combricola, dove abbiamo colto l'occasione per conoscere alcune simpatiche e socievoli persone di Staffolo.
Un riposino e poi una visita alla città di Osimo.
Se Staffolo è il balcone della Vallesina e Cingoli il balcone delle Marche, beh, non me ne vogliano gli altri, ma Osimo è il balcone dei balconi.
Osimo è un grosso centro (con tanto di accesso ai turisti tramite funicolare) ma che ha ben saputo mantenere la sua tipica antica struttura di cui parlavo sopra.
Già all'arrivo si presenta con i suoi imponenti bastioni che risaltano parecchio visti dalla pianura.
La passeggiata davanti al parco è stupenda; una specie di lungomare stile cittadine liguri, solo che al posto del mare ci sono .... le Marche.
Una città ricca di opere d'arte, come del resto tutta la regione Marche, un grande museo a cielo aperto, soprattutto vivo, con un'attività culturale e di spettacoli vivacissima.
Pensate che solo a Staffolo, che come ho detto conta 2500 abitanti, vengono organizzati importanti eventi culturali legati alla musica, all'arte, al folclore ed alla produzione eno-gastronomica.
Nei giorni della nostra permanenza, a Staffolo era in corso la Festa della Musica, era allestita un'importante mostra del Premio Città di Staffolo, dedicata ogni anno ad un grande artista marchigiano (quest'anno era dedicata a Oscar Piattella), una mostra fotografica, e la settimana dopo ci sarebbe stata una manifestazione internazionale organizzata dal locale gruppo folkloristico con la presenza di numerosi gruppi europei.
Dimenticavo, il giorno 8 luglio, a Staffolo si è esibita la Banda dell'Esercito, diretta dal Mo. Fulvio Creux, a detta di molti presenti, un concerto memorabile.
Insomma, nelle Marche si può percepire nell'aria una grande attenzione da parte delle amministrazioni locali rispetto alla cultura, a grandi livelli e in maniera diffusa capillarmente sul territorio, con rassegne concertistiche di ogni genere musicale che qui in Valcamonica, francamente, a parte rare eccezzioni che si possono contare sulle dita di mezza mano, ci possiamo solo sognare.
Qualsiasi sia il paese che stai visitando, non vedi altro che manifesti di concerti, manifestazioni e palchi montati ovunque.
Non c'è mai di che annoiarsi nelle Marche, dovunque tu sia.
Ma, dopo questa parentesi, proseguiamo col racconto.
Sabato sera concerto della banda musicale Città di Umbertide (PG).
Il vivacissimo Maestro Galliano Cerrini, un vero e proprio showman, un mattatore da palco (dategli un microfono in mano e vi solleverà il mondo), ha plasmato una banda “a sua immagine e somiglianza”, presentando un organico preparato che sprizzava allegria e gioia di suonare; per capirci una specie di “Libera Brass Band” ma con un repertorio molto più italiano.
Un concerto ricco di brani vivaci e piacevoli, con molte trascrizioni di brani della Canzone Italiana cantati egregiamente da Pinuccio, una persona tanto particolare nell'aspetto quanto intelligente e preparato musicalmente. Una piacevolissima sorpresa, ed una serata allegra, rilassante e divertente.
Domenica dedicata al mare.
Come si fa ad andare nelle Marche e non andare almeno una giornata al mare.
Abbiamo scelto Numana, una volta villaggio di pescatori ed oggi rinomato centro balneare, al termine sud del promontorio del Conero.
E come spiaggia abbiamo scelto la “Spiaggiola”, una delle ultime insenature del Conero, dove la spiaggia non è la tipica distesa di sabbia delle coste adriatiche ma conserva ancora un carattere più selvaggio, con uno stretto lembo di piccoli ciotoli anziché sabbia e con alle spalle un tratto di verde scogliera mediterranea.
Un bel posticino, con un mare pulito e privo di onde grazie ad una barriera costruita con massi naturali proprio davanti alla spiaggia, che viene così anche protetta dall'erosione delle mareggiate.
Un panorama stupendo con, a sinistra, come sfondo il promontorio del Conero, alle spalle e a destra, una vegetazione di macchia mediterranea, in alto il sole, limpido, a scottare la nostra pelle bianchissima da tipici camuni che non hanno mai l'occasione di togliersi la maglietta (sto parlando di me e il Vittorio, non di voi...) e davanti un meraviglioso mare azzurro.
Pranzo a base di pesce in un ristorantino proprio a ridosso della spiaggiola, riposino per finire la rosolatura, e poi via di nuovo a Staffolo pronti per la grande parata delle bande di Staffolo accompagnata dai Frustatori di Faenza, della Banda Musicale Città di Petriolo (MC) accompagnata dalle Majorettes e l'Agrupacion de Alfara.
Dopo la sfilata le tre associazioni si sono disposte nella piazza ed hanno eseguito, a turno, dei brani con l'esibizione dei frustatori e delle majorettes.
Gli spagnoli, che non volevano essere da meno, hanno messo in campo dei musicanti-ballerini che si sino esibiti nel famosissimo paso-doble Espana canì.
Naturalmente il successo di pubblico è stato grande, molte le persone presenti.
Abbiamo fatto amicizia anche con una simpatica signora di Jesi che si era messa a ballare un ballo tradizionale spagnolo assieme alle accompagnatrici della banda di Alfara.
Potrete anche non crederci ma ho fatto io da interprete tra la signora di Jesi e la presidentessa della banda spagnola che voleva appunto spiegarle che il ballo era una danza tipica della zona di Valencia.
Ma questo era il “clima” del posto; tutta la gente era li nella piazza o nelle altre piazzette del borgo ed aveva l'occasione di incontrarsi, conoscersi, parlarsi.
Abbiamo incontrato persone sempre socievoli e disposte al dialogo, maestri di bande di altri paesi, musicisti, gente dell'ambiente bandistico.
Il Vittorio naturalmente conosceva (quasi) tutti, non solo la singola persona ma anche due o tre conoscenti, collaboratori e parenti fino alla terza generazione del personaggio in questione e il Vittorio snocciolava lì per lì i nomi e relativi strumenti come se fosse andato a colazione con loro fino all'altro ieri.
É impressionante rendersi conto di quanta gente conosca, il Vittorio.
Una cena veloce alla stuzzicheria (la dose di bottiglie ormai era passata a due per pasto) e pronti al posto per il concerto degli spagnoli.
Davvero una buona banda.
Il repertorio quasi interamente basato su musiche tradizionali spagnole ad eccezione di un brano molto interessante, sugli splendori dell'antica Roma, imperniato su una narrazzione a cui si è prestato con grande simpatia il Sindaco di Staffolo come voce narrante, ed un brano degli Abba eseguito con tanto di chitarra e basso elettrici.
Una banda che sapeva unire la delicatezza dei pianissimi alla vivacità dei momenti più decisi.
Buona preparazione tecnica.
Naturalmente non è mancato il momento dello scambio dei doni, a cui ha preso parte anche il Vittorio come “ospite” e rappresentante della Banda di Darfo.
Abbiamo donato alla banda spagnola il nostro libro (del quale capiranno soltanto le parti in dialetto) e il CD di Musica senza Frontiere (loro sono vicini e conoscono bene la banda spagnola che avevamo invitato noi), mentre a Damiano ed alla banda di Staffolo abbiamo donato materiale sulla Valle camonica e l'opera di Marino Anesa sulla raccolta di tutte le opere e le biografie di tutti i compositori italiani dall'ottocento ad oggi che hanno composto musica originale per banda.
A noi è stato gentilmente donato un cartone di vino verdicchio e la riproduzione di un polittico del 1450 del Maestro di Staffolo, un'opera bellissima conservata in una delle chiese della città.
Finito il concerto, la festa è proseguita nella piazzetta della stuzzicheria in un clima di amicizia.
L'indomani saremmo partiti per il rientro, un saluto a Damiano con la promessa di far incontrare le due nostre bande e via a nanna.
La mattina dopo partenza alle 8.00
Sulla strada che ci portava verso l'autostrada non ho resistito alla tentazione di fermarmi per un'ultima fotografia al “colle del verdicchio” e poi, con un bel ricordo nel cuore, ci siamo diretti verso Comacchio.
E che pensavate, che passassimo in autostrada dal famigerato nodo di Bologna ? Certo che no, siamo viaggiatori veri noi !
Naturalmente prima di Comacchio ci siamo persi un'altro paio di volte ma non ci siamo lasciati prendere dal panico.
Giunti a Comacchio, una breve visita e poi, un malessere della consorte del Maestro, ci ha fatto propendere per un rientro anticipato a casa, rinunciando così all'assaggio della famosa anguilla.
Tornando sempre dalla stessa strada che avevamo percorso all'andata ci siamo resi conto di quale fosse il ponte su cui avevamo attraversato il Po.
Certo che dovevamo essere ben intranati quattro giorni prima per non vederlo, va bè che era in magra, ma è sempre almeno 20 o 30 volte il nostro Oglio che passa sotto il ponte di Darfo.
Siamo giunti comunque a casa salvi, senza neanche il bisogno di chiamare la protezione civile per la ricerca dei dispersi.
In conclusione possiamo dire di aver vissuto una bella ed interessante esperienza, un grande grazie a Damiano ed alla banda di Staffolo.
Mi sento proprio di consigliare a tutti una visita alla regione Marche.
Certo che se ci andassimo tutti assieme, con gli strumenti, sarebbe certamente più divertente, non credete ?