gite
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- La OMAVV in gita alla diga del Gleno-
Seconda scamapagnata montanara per la OMAVV.
Dopo quella sul Monte Guglielmo, i prodi e temerari (si fa per dire) omavvini si sono armati di scarponi e buona volontà ed hanno affrontato il sentiro N°410 che da Bueggio porta fino a quota 1500 m, alla terrificante visione della sagoma sventrata della diga che il 1° dicembre 1923 si squarciò scaricando 6 milioni di metri cubi di acqua che seminarono terrore e morte in Val di Scalve fino alla frazione di Corna di Darfo, in Val Camonica.
Ma come sempre, andiamo per ordine.
Partenza alle ore 8.30 dalla sede della Banda e arrivo a Bueggio, al "campo base" (l'accogliente casetta montana della famiglia di Attila), verso le 9.
Il tempo di arrivare tutti e di organizzarsi e partenza verso la meta.
Un sentiero di 500 m circa di dislivello, per la maggior parte all'ombra del bosco con una durata stimata di circa 1 ora (il sottoscritto ce n'ha tenuto 1 e mezza, naturalmente !!!!).
Il panorama è affascinante, la valletta in cui scende il torrente Povo è stretta, le pareti di roccia che scendono a strapiombo rendono suggestiva la passeggiata.
In alto, dove si chiude la valle, si può intravvedere la sagoma della diga, mentre alle spalle, dove la valle si apre sulla Val di Scalve, il paesino di Bueggio sembra che sia placidamente sdraiato a prendersi il sole, proprio sotto la splendida cornice del massiccio della Presolana con un "effetto cartolina" davvero eccezzionale.
Appena fuori dal bosco, al limite superiore della vegetazione, ecco comparire da dietro una curva l'inquietante sperone destro della diga, un "moncone" che non è altro che il preambolo all'impressionante visione che si aprirà di lì a poco ai viandanti.
Ancora un ultimo sforzo e la sagoma della diga compare alla vista in tutta la sua terrificante interezza.
Per chi giunge sino qui per la prima volta non può non rimanere a bocca aperta.
Il solo pensiero di cosa è successo in questo luogo quel fatidico 1 dicembre del 1923 fa venire la pelle d'oca.L'immaginazione può solo cercare di ricostruire l'immane disastro.
poi lo sguardo corre, in maniera automatica, verso il fondo della valle, verso il paese, immaginando il percorso che quei 6 milioni di metri cubi di acqua e detriti hanno percorso e la distruzione che hanno fatto per decine di chilometri fino a placarsi 45 minuti dopo la rottura, nel lago d'Iseo.Provo ad immaginarmi la scena, il rumore, la massa d'acqua, il vento dello spostamento d'aria provocato dall'impressionante mole di acqua, ma credo che questa volta la realtà sarà stata sicuramente ben più crudele e terribile di qualunque immaginazione.
Ma ancora provo a immaginare il resto della folle corsa di quella irrefrenabile marea di morte.
L'acqua che si incanala nel fiume Dezzo, le case poste sui fianche della stretta Val di Scalve spazzate via, l'agglomerato del paese Dezzo distrutto, solo qui ben 209 vittime, e poi ancora giù per la gola che sembra un canyon , alto e strettissimo , della valle prima dell'abitato di Angolo Terme, miracolosamente illeso , fino a Gorzone, dove i detriti formarono una diga artificiale che interrompe per breve tempo la discesa della grande onda.
Ma solo per breve tempo; quando la diga di detriti cedette di schianto, lo spostamento d'aria spazzo letteralmente via case uomini donne bambini del sottostante abitato di Corna.
L'arrivo dell'acqua, in un secondo momento, non fece altro che completare l'opera di tremenda distruzione della piena.
Ora l'acqua era incanalata nel fiume Oglio per proseguire la sua corsa, per fortuna ormai senza energia distruttrice, fino al lago d'Iseo.Poi, non ti viene altro che restare lì', in silenzio; c'è chi gli viene spontanea una preghiera, altri scuotono la testa.
La visione ravvicinata dei ruderi mette in evidenza, anche agli occhi di un non esperto, le colpevoli carenze strutturali.
E assieme al ricordo a alla pietà per le vittime, si mescola anche un sentimento di rabbia.
Per chi vuol saperne di più ecco il link al bel sito dedicato a questo triste episodio.
Qaulche foto, e via sulla strada del ritorno.
Il tempo per la discesa, impegnativa quasi quanto la salità per le asperità del terreno, passa velocemente e il lritorno al "campo base" ci ritrova tutti con un buon umore ritrovato grazie al profumo della grigliata che alcuni saggi, anche se meno sportivi, componenti della Omavv avevano provveduto a preparare.
Per la verità, questo del "rancio", è un momento a cui i componenti della Omavv tengono particolarmente.
Costine di maiale, salamelle, ali di pollo, spiedini, due (dico due) polente, formaggi, salumi e un numero imprecisato di bottiglie e di lattine diventano lo "sfondo" della nostra cartolina montana.
Ripristinato il giusto tasso di lipidi, proteine e liquidi persi durante l'escursione, incomincia il momento del "relax".
C'è chi si sdraia fuori dalla casa, chi gioca a bocce, chi canta, chi suona, chi parlotta dei programmi futuri ...
Insomma, come si dice oggi, il momento "sciallo" della giornata.
Verso sera, un giretto nei dintorni, quel tanto che basta per preparare lo stomaco alla cena, una visita al vicino caseificio di Vilmaggiore per l'acquisto degli ottimi formaggi della zona, e poi ..... serve dirlo ?? .... di nuovo a tavola.
La giornata si conclude nel migliore dei modi con tanta allegria e coi festeggiamenti del compleanno del nostro clarinettista e con l'apertura di spumanti vari.
Poi, stanchi ma contenti, si risale in macchina per il ritorno a casa (per quanto mi riguarda, con alla guida la moglie ....) .
Alla prossima ....