banda stuff
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- Capitolo I - Peggy loves...-
Ecco il primo post del blog di Peggy – specialmente per il sito della banda. Abitualmente non scrivo in italiano, quindi devo prima di tutto chiedere scusa per le mie carenti qualità espressive… Ogni post una storia, ogni storia un ricordo. Almeno per il momento…
Per una volta, cominciamo dal principio e principiamo…insomma, diamo il via alle danze.
Jacob De Haan è stato il mio primo amore musicale.Riapro una Smemoranda di dieci anni fa, in un periodo indefinito tra ottobre e novembre, e ritrovo la lista dei brani che si stava provando per il concerto augurale – il mio primo concerto augurale con la banda “grande”.
Sedevo proprio di fianco alla batteria, e prendevo un infarto dietro l’altro quando la batterista si scatenava senza preavviso, mentre mi sforzavo di leggere troppe note tutte insieme, seguire il maestro, non farmi distrarre dagli altri strumenti…
Ecco cominciare un brano nuovo, le pagine fresche di fotocopiatrice, ecco gli occhi dei bandisti scorrere velocemente le note alla ricerca di pezzi difficili, probabili assoli, tempi strani, e poi il silenzio curioso e concentrato all’alzarsi della bacchetta, pronti per il via.
Nota, dopo nota, dopo nota; una pausa nei momenti più difficili; un respiro e una spiegazione, un bisbigliare costante tra le file, mani che si muovono sui tasti senza fiato, prima di ripartire.
Qualche tempo dopo, dopo le prove generali, dopo il concerto, dopo la breve pause di capodanno, riascolto la cassetta con la registrazione dei brani che abbiamo eseguito.
E capisco tutto.
Capisco l’energia dell’introduzione, lo scambio tra trombe e sax, l’elettricità dell’incontro tra Diogene il filosofo e Alessandro Magno, il Grande. Lascio scorrere dentro di me la dolcezza, il dolore senza nome della morte, in un crescendo di terzine rabbiose che esplodono e poi si sciolgono, affrante, nell’aria. Accompagno Diogene alla ricerca di “un uomo onesto”, mentre flauti e trombe si alternano in un vortice, salendo, illuminando l’aria come la lanterna del filosofo per le strade di Atene.
Riavvolgo il nastro, prendo la mia parte, e suono con tutta la banda nella mia stanza. Questa volta non è solo la tecnica, lo studio, a muovere le mie dita sui tasti: è la coscienza della storia e del significato delle note che si susseguono davanti a me e con me.
“Diogenes” non è il primo lavoro di Jacob De Haan che suono, e non sarà l’ultimo: tutto era cominciato (nel mio caso personale) con “Queen’s Park Melody”, quando ero ancora una pischella nella giovanile, e mi arrabattavo per seguire il tempo e unire le note con un senso logico. In banda grande seguiranno poi (in ordine altamente casuale) “Contrasto Grosso”, frutto di un gemellaggio-raduno quasi ciclopico per la nostra cittadina, “Free World Fantasy” durante una stagione musicale estiva, “Oregon” e lo stupendo controcanto alla ballata che spezza il tema western, “La Storia”, altro frutto di uno scambio musicale (stavolta dalla Germania, prima dalla Francia), fino al concerto augurale di poche settimane fa, con “Pasadena”.
E la storia continua…